Gli articoli “oggetto di causa non contengono notizie false” e quindi “prevale il diritto di cronaca ed alla libera manifestazione del pensiero (art. 21 Costituzione)”.
È uno dei passaggi della storica sentenza del Tribunale di Ragusa (Giudice Giovanni Giampiccolo) che farà Giurisprudenza, costituendo un precedente importante per tutti i giornalisti a cui viene opposto il tema del diritto all’oblio. Il ricorso respinto è quello di un ex onorevole siciliano, decaduto per effetto della legge Severino, Giuseppe Gennuso.
Gennuso, prima arrestato per corruzione in atti giudiziari, poi condannato per traffico d’influenze illecite e decaduto dal parlamento regionale siciliano, aveva promosso ricorso d’urgenza invocando il diritto all’oblio dopo soli due anni dai fatti in relazione a cinque articoli di Paolo Borrometi.
Il giornalista Paolo Borrometi (assistito dall’avvocato Alessandro Borgese), vicedirettore dell’Agi e direttore del sito online La Spia, aveva pubblicato gli stessi articoli anche nel libro “Un morto ogni tanto”.
I cinque articoli sono:
“Le società del deputato Gennuso hanno gli stessi commercialisti delle società dei Messina Denaro” del 26 ottobre 2018; “Pachino, istigazione a delinquere: polizia notifica avviso conclusione indagini a Pippo Gennuso” del 30 luglio 2018; “Gennuso show a Granelli con in mano le catene: la Procura fa arrivare acqua inquinata” del 30 marzo 2018; “Minchia m’pari ma quindi sei in mezzo aalla merda…Gennuso, Amara, Calafiore, le ultime Regionali” del 24 febbraio 2018; “La clamorosa notizia: i Crapula hanno condizionato il risultato delle elezioni amministrative di Avola” del 7 maggio 2018.
Gennuso nel frattempo era stato condannato e decaduto dal suo seggio in parlamento, ma ne pretendeva la rimozione dal sito d’informazione.
Il Giudice del Tribunale di Ragusa ha respinto il ricorso d’urgenza con una sentenza che invoca l’articolo 21 della Costituzione e sottolinea la veridicità degli articoli in questione.
Giuseppe Gennuso sosteneva si trattasse di articoli sconvenienti e non più rilevanti, poiché, due anni intercorsi tra il fatto e la richiesta di rimozione risultano sufficienti per ritenere ‘abusivo’ il trattamento dei dati personali negli articoli, ma soprattutto, superato e soddisfatto l’interesse pubblico sotteso al diritto di cronaca giornalistico e riteneva urgente ed opportuna la richiesta di cancellazione e di oscuramento di tutte le suddette pagine di stampa telematiche.
Il giudice, nell’arrivare al respngimento del ricorso promosso da Gennuso, sostiene, nello specifico, che “il ricorrente non spiega perché, solo a distanza di due anni, le notizie di cui ai primi 4 articoli sopra evidenziati fornirebbero una rappresentazione non più attuale della propria persona, oppure perché sarebbe venuto meno l’interesse pubblico alla loro conoscenza; tanto più se, come deduce la parte resistente (non ricevendo obiezione o replica da parte ricorrente) il ricorrente è stato dichiarato definitivamente decaduto dalla carica politica in applicazione della legge Severino nel mese di maggio 2020, dopo essere stato inizialmente sospeso e poi riammesso all’Assemblea Regionale” e aggiungendo che gli articoli “oggetto di causa non contengono notizie false e dovendo quindi prevalere il diritto di cronaca ed alla libera manifestazione del pensiero (art. 21 Cost), che involge la liceità del trattamento del dato a fini archivistici e documentaristici e di ricerca storica (art. 33 Cost) – parte ricorrente non deduce nulla di concreto perché possa esaminarsi una richiesta di delisting (che in verità non risulta neppure formulata), non fornendo alcuna concreta specificazione (ad esempio i risultati della ricerca in rete avviata digitando il suo nome sulla query di Google) della genericamente affermata accessibilità nel tempo soprattutto su motori di ricerca, come Google, né chiarendo se sia venuto meno l’interesse pubblico attuale alla conoscenza delle notizie in questione”.
La parte ricorrente – cioè il Gennuso – non ha evidenziato frasi o espressioni utilizzate, tali da permettere al giudice “il controllo del rispetto del principio di continenza, di proporzionalità o di apprezzarne il lamentato intento esclusivamente denigratorio”.
Quindi gli articoli rimangono pubblicati. E’ stato affermato un principio di diritto che rappresenta un crocevia nella contrapposizione tra il diritto di cronaca e il diritto all’oblio.
“Nel riconoscere il corretto operato del dottor Borrometi afferma l’avvocato Alessandro Borgese -, non solo nel merito dell’attività giornalistica espletata, è stato affermato il principio di diritto secondo il quale l’interesse del pubblico all’informazione prevale su quello del singolo all’oblio nel caso specifico e che in ogni caso l’attività di conservazione e archiviazione delle passate edizioni dei giornali assume rilievo costituzionale sia in quanto strumentale alla ricerca storica ed espressione del relativo diritto ex art. 33 Cost., sia in quanto espressione della libertà di manifestazione del pensiero ex articolo 21 della costituzione”.
“Questo verdetto restituisce a Paolo Borrometi il diritto di raccontare e a tutti i giornalisti la possibilità di fare cronaca e, ancor più, afferma la possibilità per i cittadini di essere e restare informati”, hanno sottolineato il Presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Giuseppe Giulietti, e il segretario della Fnsi, Raffaele Lorusso.
L’associazione e la redazione di Articolo 21, nel solco di una lunga tradizione di difesa dei diritti, ringraziano il Presidente Paolo Borrometi per aver voluto ristabilire, anche in sede giudiziaria, un principio cardine della libertà di espressione in Italia.