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The OA: biforcazione degli universi e coscienza di sé

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Una giovane donna in evidente stato di shock viene filmata mentre salta giù da un ponte. Questo l’incipit di The OA.

Praire, che sceglie di farsi chiamare OA, non si butta perché vuole morire, ma al contrario perché vuole  raggiungere la persona amata. Un paradosso che piano piano viene districato attraverso il suo racconto autobiografico. La serie infatti richiede un atto di fiducia da parte dello spettatore, lo stesso che la protagonista domanda ai suoi cinque interlocutori, i quali vedranno messe in discussione alcune loro convinzioni, come quella che considera la realtà in cui viviamo, l’unica possibile. Ad avallare questa ipotesi non sono fantasie adolescenziali ma teorie esistenti nella ricerca della fisica contemporanea. Si parla di multiversi costituiti da più dimensioni parallele, infinite quanto sono le possibilità degli eventi. Per comprendere meglio il concetto, è come se in un’altra realtà vivesse un’altra me che deriva da tutte quelle scelte che non ho fatto in questa dimensione ma che erano potenzialmente contemplate. È quasi inevitabile pensare al racconto Il giardino dei sentieri che si biforcano di Borges che tra l’altro il Dr Percy cita con una battuta. Sono molti i quesiti che pone la serie; per esempio se questa teoria dei multiversi fosse vera, dove risiederebbe la nostra coscienza? Monade in una delle sole realtà o frammentata in molteplici? Forse la notte attraverso i sogni sperimentiamo queste dimensioni parallele, come allude anche La doppia vita di Veronica di Kieslowki.

Oltre all’aspetto più “paranormale” uno degli elementi che ha contribuito al successo della serie è il senso del gruppo e l’importanza della condivisione. Prima di incontrare Praire, i cinque protagonisti erano emarginati sociali soffocati dalla mancanza di prospettive. Steve è un ragazzo superficiale concentrato su sé stesso e incapace di percepire il proprio io invisibile, mentre Betty una professoressa over 50 che non riesce a superare la morte del fratello gemello. Jesse è un adolescente nerd che ha perso entrambi i genitori e che si smarrisce fumando erba e giocando ai videogiochi. Alfonso è costretto a prendersi cura dei fratellini perché la madre è incapace di prendersi le sue responsabilità genitoriali e infine c’è Buck, adolescente transgender ftm che assume testosterone di nascosto perché non accettato dal padre. OA va oltre le apparenze e vede in loro dei combattenti forti e leali da addestrare per il suo folle progetto, allo stesso modo in cui, durante la sua prigionia, aveva riconosciuto in Homer, Scott e Rachel dei validi compagni di avventura. Tutti questi personaggi inizialmente sembrano non avere nulla in comune tra di loro, ma il dono di Praire è quello di “sentire” le persone in modo autentico e di metterle insieme per creare qualcosa di unico e magico. Il messaggio implicito è molto forte: avere fiducia nelle proprie risorse e persistere nei propri progetti, non desistendo neanche davanti a ostacoli insormontabili.

La serie è stata creata da Brit Marling, conosciuta per anni come una delle attrici più importanti del cinema indie americano, che ha recitato, ma anche coprodotto e scritto film come Another Earth e I Origins entrambi di Mike Cahill. Questa volta a collaborare con lei è stato il regista Zal Batmanglij, con il quale intrattiene un sodalizio amicale e artistico pluriennale.

The OA dal punto di vista formale ha degli aspetti riconducibili all’indie americano, come una fotografia poco contrastata e un ritmo più dilatato, quasi europeo, anche se gli inserti visivi che riguardano i sogni e le esperienze premorte di Praire sono differenti. Sono infatti ambientati in luoghi irreali con linee geometriche e cromatismi suggestivi, che rievocano i meravigliosi paesaggi dei pianeti di Interstellar di Nolan.

Se la prima stagione di The OA è originale e prorompente, la seconda risulta più forzata e meno intrigante ma è comunque interessante ritrovare i personaggi ai quali ci si è affezionati. Purtroppo Netflix questa estate ha reso noto che non ci sarà una terza stagione, nonostante l’appassionata campagna portata avanti dai numerosi fans e dai creatori e interpreti della serie.


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