La terza edizione dell’Osservatorio sul giornalismo pubblicato dall’AGCOM, Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, consultabile sul sito dell’AGCOM, è stata dedicata alla professione giornalistica alla prova dell’emergenza Covid-19. Il rapporto ha messo in evidenza come “la copertura informativa dell’emergenza ha rappresentato una sfida rilevante per lo status professionale di chi si occupa della produzione di notizie, ovvero i giornalisti, già alle prese con l’ascesa delle piattaforme online come intermediari dell’informazione e con la circolazione di contenuti di disinformazione”.
Dal rapporto emergono alcuni dati inquietanti come l’invecchiamento progressivo della popolazione giornalistica e lo squilibrio tra giornalisti contrattualizzati e giornalisti freelance ormai arrivati al 40% della categoria, con una differenza profonda e strutturale del reddito. Il 44,5% dei freelance e il 49,7% dei co.co.co. hanno un reddito annuo al di sotto dei € 5.000.
“La precarietà della condizione lavorativa – si legge nel rapporto – è evidente soprattutto nelle nuove testate (quelle esclusivamente digitali), che raccolgono la gran parte dei giovani professionisti, caratterizzate da un modello organizzativo fondato su una struttura redazionale snella e un ampio ricorso a collaborazioni occasioni con soggetti freelance”. In particolare, per quanto riguarda il lavoro giornalistico nella prima fase della pandemia, il rapporto mette in luce come il 51,8% della popolazione giornalistica sia stata chiamata a svolgere il proprio lavoro in smart working.
In conclusione, il rapporto conferma “la necessità di investire in ristrutturazioni delle aziende editoriali, atte a impiegare in maniera stabile il personale giornalistico e a diminuire il ritiro di molti professionisti verso il lavoro freelance”. Un fenomeno che finisce “per diminuire il contributo del giornalismo di qualità al corretto funzionamento della società democratica”.