Sempre più giornalisti finiscono nel mirino di chi vorrebbe imbavagliare l’informazione. Dopo i 73 casi di atti intimidatori nei confronti dei cronisti censiti nel 2018 e gli 87 episodi del 2019, la tendenza all’aumento è confermato per il 2020, con i casi – registrati al 30 settembre 2020 – che già ammontano a 129. Lo riporta l’aggiornamento fornito dal Servizio Analisi Criminale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza nell’ambito dell’Osservatorio sulle minacce ai cronisti istituito nel 2017 dal Viminale in collaborazione con la Federazione nazionale della Stampa italiana e l’Ordine dei giornalisti.
Nel periodo considerato – precisa il report – gli atti intimidatori riconducibili alla matrice della criminalità organizzata si sono attestati al di sotto del 20% del totale dei casi (19% nel 2018; 18% nel 2019 e 16,3% nel periodo considerato del 2020); di contro “i contesti socio/politici e gli altri contesti” appaiono essere alla base della gran parte delle minacce rivolte ai giornalisti.
Nel 2018 e 2019, inoltre, circa un quarto delle intimidazioni è arrivata via social network (24% per il 2018 e 23,5% per il 2019), mentre nell’anno in corso il dato è aumentato fino ad attestarsi al 41,9% del totale (54 episodi).
Dei 129 episodi intimidatori registrati al 30 settembre 2020, 21 sono riconducibili a contesti di criminalità organizzata (di cui 11 via web) pari al 16,3%; 48 casi a contesti socio/politici (di cui 23 via web) pari al 37,2%; 60 atti ad altri contesti (di cui 20 via web) pari al 46,5%. Lazio, Sicilia, Campania, Calabria e Lombardia, ancora una volta, le regioni con il maggior numero di eventi (101 episodi, pari al 78,3% del totale degli atti intimidatori). Sempre nei primi 9 mesi del 2020, inoltre, le minacce tramite web si confermano come principale atto di intimidazione (54 casi, fra cui 25 via Facebook e 16 via Twitter) seguite dalle aggressioni fisiche (23), dalle minacce verbali (16) e dall’invio di oggetti (11), mentre i danneggiamenti risultano dimezzati rispetto al 2019 (9).
Al 23 settembre 2020, infine, risultano 21 le misure di protezione personale in atto nei confronti di giornalisti: una in più rispetto a tre mesi fa. In 3 casi con “scorta su auto specializzata”, in 4 casi con “tutela su auto specializzata”, in altri 14 con “tutela su auto non protetta”. Roma, Milano, Napoli, Torino, Reggio Calabria, Viterbo, Caserta, Bergamo, Firenze, Ragusa e Modena le province dove vivono i giornalisti sotto protezione.
E le minacce ai giornalisti non si sono fermate neanche durante il periodo di lockdown: dal 9 marzo al 18 maggio si verificati 33 episodi, il 61% dei quali avvenuto utilizzando i mezzi di comunicazione online, social network in primis.