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La giustizia difficile e “accerchiata” di Latina, tra spie di Stato e processi che rispecchiano un territorio incerto

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Inchieste delicate, un giudice minacciato, pentiti che smascherano connivenze di avvocati, ruoli intasati e spie, tanti spioni di ogni genere: nella città dove la giustizia è tra le più lente in Italia c’è dell’altro che preoccupa. Questa città è Latina, sessanta chilometri da Roma, con un’economia che si va indebolendo e diventa facile preda di usura e riciclaggio, con tante speranze ma con un presente pesantissimo. Che si specchia dentro la sua giustizia e anche se fa meno notizia del trambusto preoccupato del covid val la pena analizzare cosa sta succedendo nella “preferita del duce”.

Il carico

In un giorno di ottobre come tanti il ruolo del collegio penale offre un “assaggio” di cosa incombe sul Tribunale di Latina ed è lo specchio fedele e implacabile dei suoi problemi e delle sue croste criminali. La mattina viene chiamato il processo “Arpalo”, quello che ha come principale imputato Pasquale Maietta, ex deputato di Fratelli d’Italia e già assessore al bilancio e finanze del Comune di Latina nello stesso periodo in cui era presidente della squadra di calcio e dunque si poteva permettere di non pagare i canoni per lo stadio. “Arpalo” è un processo dove i soldi sono nell’aria e la tensione si taglia a fette. Oltre a Maietta sono coinvolti professionisti e imprenditori della Latina bene. Rispondono di reati economici, riciclaggio legato proprio alla squadra di calcio, che veniva finanziata e spolpata al tempo stesso, con un traffico di denaro tra Latina e la Svizzera di cui ad un certo punto si è accorta la Banca d’Italia facendo una segnalazione alla Finanza da cui è partito tutto. In questo processo dovranno essere sentiti nei prossimi mesi  i due pentiti del clan Di Silvio, ossia Agostino Riccardo e Renato Pugliese; quest’ultimo è il figlio di Costantino Di Silvio, uno dei criminali più noti del Centro Italia nonché carissimo amico di Maietta e factotum nel Latina Calcio anche quando la squadra era in serie B. Figura scomoda al punto che di questa storia si è dovuta occupare anche la Procura della Figc.
Nello stesso giorno di “Arpalo” davanti al medesimo collegio, a seguire, prosegue il dibattimento del processo “Tiberio” sulla turbativa degli appalti al Comune di Sperlonga. Il principale imputato è Armando Cusani, già presidente della Provincia di Latina e tuttora sindaco in carica a Sperlonga. Oltre a lui imprenditori e dirigenti dell’ente Provincia. Cusani è stato già sospeso due volte dalla Prefettura di Latina ex legge Severino per la condanna relativa ad un albergo della sua città e per l’arresto inerente questo processo. Sia Maietta, la mattina, che Cusani nel pomeriggio sono presenti in aula.
Ancora lo stesso giorno, davanti allo stesso collegio, viene chiamato il processo a carico di Gianni Micalusi, detto Jhonny, il ristoratore di Terracina osannato dai vip dello spettacolo per le prelibatezze a base di pesce che serve nel ristorante di Roma. Altre volte è incappato nella giustizia per contestazioni di reati finanziari, nel 2017 il titolare dell’Assunta Madre di via Giulia a Roma, era stato arrestato con l’accusa di riciclaggio, autoriciclaggio di denaro di provenienza illecita e intestazione fittizia di beni.

In quale altro Tribunale d’Europa si concentra una mole di procedimenti di questo genere nella stessa giornata? A Latina succede non di rado ed è la cartina di tornasole di cosa accade sul territorio, dove si incontrano interessi economico-finanziari  e affari illeciti di cui si parla in molti dossier, da quello di Libera al rapporto della annuale della Dia, a quello dell’Osservatorio regionale ma, forse, nessuno di questi documenti riesce a rendere l’immagine plastica del “caso Latina” quanto un ruolo d’udienza di questo genere. E non è l’unica anomalia davvero vistosa o originale. C’è dell’altro.

Le spie

Ogni indagine made in Latina ha dovuto pagare pegno, ha avuto una spia. Alcune inchieste per colpa delle spie sono naufragate per sempre. Altre sono sopravvissute per il coraggio e la forza degli stessi investigatori che, in definitiva, hanno arrestato dei colleghi. L’ultima spia “pizzicata” è un dipendente della Procura della Repubblica. Francesco Santangelo si chiama e stava all’ufficio copie. Oltre a lui nel giro c’era la segretaria di un sostituto procuratore che soffiava il contenuto dei fascicoli del magistrato. Entrambi sono indagati nell’inchiesta che poche settimane fa ha portato agli arresti con l’operazione “Scarabeo”. Le spie e le soffiate sono una costante delle indagini di Latina, lo ha ricordato anche il Procuratore Michele Prestipino nel corso dell’audizione in Commissione Antimafia, a gennaio scorso. Che ci fosse un sistema groviera il primo a provarlo fu, suo malgrado, il giudice Antonio Lollo: a febbraio del 2015 seppe che era stato scoperto e con tutta tranquillità salì le scale della Questura di Latina per recarsi dal capo della Digos e chiedere se aveva informazioni su un’indagine inerente i fallimenti a Latina. Lollo era allora giudice delegato di una delle due sezioni fallimentari. Il dirigente della Digos lo liquidò con una scusa e dieci minuti dopo era in Procura a denunciare l’accaduto, fornendo una prova importante del caso Lollo ma svelando anche quanto fosse diffusa la prassi di chiedere informazioni su indagini correnti. Poi Lollo fece la stessa richiesta ad un finanziere. Tutto questo un paio di settimane prima degli arresti. Una scena analoga la si ritrova in Super Job, ossia la peggiore storia di evasione scoperta negli ultimi anni dalla Finanza e che ha avuto un ruolo pure nelle parallele verifiche di “Arpalo”. Correva sempre l’anno 2015: le fiamme gialle stavano indagando su un giro di cooperative di Aprilia che nascevano e morivano in brevissimo tempo per frodare il Fisco. Un circuito di evasione vicino ai 90 milioni di euro. In quel contesto viene intercettato un commercialista che ottiene informazioni su un’altra indagine, quella a carico di Pasquale Maietta che all’epoca era deputato e che da quel momento smetterà di parlare al cellulare. E non era ancora finita: l’anno dopo, nel 2016, uno sconosciuto ex commerciante di pentole manda all’aria l’arresto in flagrante per un’estorsione dei fratelli Di Silvio con Agostino Riccardo (che in seguito diventerà collaboratore di giustizia), chiamando quest’ultimo dal centralino della Guardia di Finanza mentre la squadra mobile si preparava al blitz. Pure questo scandalo non bastò: infatti tra dicembre 2017 e maggio 2018 una schiera di agenti dei servizi segreti, un maresciallo e un sovrintendente della Polizia di Stato mettono sottosopra lo Sdi per aiutare Luciano Iannotta, un imprenditore che poteva contare su amici nelle forze dell’ordine per accedere ad informazioni su inchieste correnti su se stesso e persone a lui vicine. Verranno tutti arrestati nel 2020 e si scoprirà che uomini dell’Aise hanno favorito la violazione del segreto istruttorio per aiutare un sodalizio criminale di Latina.
Sarebbe potuto accadere in una qualunque altra città italiana, certo. Ma è accaduto a Latina.

(nella foto il Tribunale di Latina)


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