«La battaglia finale non si sarebbe combattuta nel futuro: sarebbe stata combattuta qui, nel nostro presente…oggi».
I patiti di quiz cinematografici l’avranno già indovinato, è la frase con cui inizia Terminator, il primo della serie di pellicole dove è protagonista la lotta tra questa l’umanità del presente, fatta di carne, sangue, nervi e sentimenti, e l’umanità del futuro, un ibrido fra uomo e macchina. A sorpresa – non vi rovino il finale, tanto il film l’avrete già visto – sboccia anche nell’uomo/macchina il sentimento.
La Fondazione Veronesi ha deciso di tenere la sua annuale Conferenza Mondiale Science for Peace and Health su due temi che sembrano fantascientifici ma sono invece radicati nel qui e ora: l’intelligenza artificiale e l’editing genetico. Vale la pena di parlarne su Articolo21 perché sono due argomenti fortemente connessi con la comunicazione e le nostre libertà. E non solo perché già adesso ci sono bot che scrivono (spesso) insulti sui social, ma anche perché da tempo sono cominciati i primi esperimenti di giornalismo scritto da robot. E poi perché c’è il contesto della pandemia che, come insegna anche il lavoro di Report, potrebbe venir regolato nel bene e nel male dagli algoritmi.
Il professor Alberto Martinelli, responsabile del programma di questa edizione di Science for Peace and Health, non ha certo il fisico di Schwarzenegger ma tutto sommato sposa il senso di quella frase del film: «forse non decideremo oggi, ma oggi deve cominciare il dibattito sulla regolamentazione della manipolazione del DNA e dell’intelligenza artificiale». Regolamentazione ad opera dei governi o autoregolamentazione della comunità scientifica? Tutto si aggroviglia perché – spiega il professor Martinelli – «noi possiamo promuovere un dibattito, perché è evidente che, ad esempio, l’editing del DNA apre prospettive eccezionali per il nostro benessere, ma è anche terreno di competizione per l’egemonia industriale. Non hanno molta efficacia – aggiunge il docente – accordi limitati, ci vorrebbe un accordo generalizzato, a livello sovranazionale, possibilmente prendendo spunto dai codici etici scritti dalle associazioni mondiali di scienziati».
Scienza e libertà si incontrano/scontrano anche nella qualità delle democrazie: ne abbiamo sentore in questi tempi di decreti restrittivi e di app per il tracciamento. «Siamo sicuri dell’oggettività degli indicatori che stabiliscono quando una Regione da gialla diventa rossa? Ricordiamoci sempre che gli algoritmi sono opera di programmatori umani e che comunque la decisione finale spetta alla politica», spiega il professor Martinelli che allarga il ragionamento sulle policy-making: «gli algoritmi vengono usati per le scelte degli elettori, e abbiamo visto i rischi, ma quando vengono usati dai governi per prendere decisioni impegnative ci vengono presentati come neutrali e oggettivi. Non è così, non sono né neutrali né oggettivi». Tra le fonti che la “politica” usa per le sue decisioni c’è anche il “sentiment” che viene espresso non solo dai media ma sempre di più dalla galassia social. Altro tema che la Fondazione Veronesi affronta è proprio la comunicazione: «i giganti del web predicano la libertà di informazione e concorrenza ma agiscono da oligopolisti – dice ancora Alberto Martinelli – sia dal punto di vista dei contenuti, perché attraverso il flusso di informazioni gestiscono la conoscenza, sia dal punto di vista economico. Esigere che ci sia un controllo democratico effettivo è urgente».