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Il messaggio di Padre Sorge: il credente deve impegnarsi in politica per rimuovere le cause della povertà

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Il gesuita Padre Bartolomeo Sorge se n’è andato, lasciando un messaggio profondo nella Chiesa: il credente deve impegnarsi in politica per rimuovere le cause della povertà. Questa non è stata un’indicazione scontata, neanche dopo il Concilio Vaticano II, che sembrava aver definitivamente superato la separazione Stato-Chiesa. Padre Sorge ne fece il centro della sua azione, fondando una scuola di politica a Palermo, l’avamposto più estremo della collusione mafio-politica, che si rifaceva – pur nella sua peculiarità – alla Teologia della liberazione sudamericana, accolta e poi frenata dal Vaticano.

Neanche per Sorge le cose furono facili, ma era troppo intelligente per oltrepassare il limite che separa lo studioso dal militante, un eccesso che invece rimproverò ingiustamente al suo principale collaboratore padre Pintacuda. In quegli anni, noi giovani orbitanti nel volontariato dei gesuiti eravamo fortemente affascinati dal coraggio lucido di Sorge e cercavamo in impegno sociale più netto delle ripetizioni in borgata. Io mi iscrissi per un breve periodo alla Rete di Orlando, ma in quelle infinite riunioni non vedevo il fuoco degli ideali, ma solo la balistica di piccoli corrieristi in cerca di un lancio verso spazi vergini. Me ne andai, cercando altri lidi di impegno politico tra i repubblicani di Spadolini e infine nel PD di Veltroni. Un fallimento dopo l’altro, senza mai arrendermi però al qualunquismo di farmi i fatti miei. E di questo devo ringraziare anche quel gesuita, che ha onorato con il suo impegno la bellissima “sigla” della Compagnia: s.j.. al servizio di Dio.

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