Risultano quasi inutili le commemorazioni per l’esecuzione di Pasolini, perché non si sono trovati gli esecutori ed i mandanti di un omicidio che è poi apparso come una “mascariata” di stile mafioso. Con un reo confesso sul luogo del delitto, che fa tutto da solo; indagini preconfezionate, come per l’omicidio di Borsellino e la strage di Piazza Fontana. Pochi giorni prima dalla sua esecuzione Pasolini aveva proprio denunciato le trame politico-eversive, artefici anche di quella strage neofascista. Se possiamo considerare il grande Pier Paolo quasi un “profeta laico”, un uomo che conosceva ed ammirava sant’Agostino, che si chiamava coi nomi dei più grandi santi cristiani e poi veniva martirizzato in un luogo (Ostia) che vuol dire esattamente: “Vittima sacrificale”, non possiamo che seguire il criterio del martirologio: vita, morte e … . Il vuoto sul passaggio essenziale, del motivo della sua morte, monca il giudizio, la memoria, l’eredità.
Identità e sincerità. L’una conseguenza dell’altra. Lasciando da parte l’enorme produzione culturale di Pasolini – che va dalla poesia civile ai Caroselli, alla difesa dei “dialetti” – quello che speriamo resterà, della sua figura, è la grande onestà intellettuale che chiunque, avendo conosciuto l’uomo di cultura, riscontrava. Purtroppo la nostra epoca è invece caratterizzata dalla omologazione, da Pier Paolo denunciata; ma soprattutto non si può trovare un rappresentante del potere (quello vero e reale) che riesce ad avere un minimo di sincerità. In particolare in politica regnano buffoni, nani e ballerine. L’ultimo politico che rappresentò un minimo di riferimento alla realtà fu Sandro Pertini.
Purtroppo per noi, Pertini e Pasolini possono solo rivoltarsi nella tomba. Non hanno lasciato eredi.