Mentre ci prepariamo all’ennesimo fine settimana di preoccupazione e ansia per Patrick Zaki, per il quale è prevista una nuova udienza sabato 21, giunge dal Cairo una bruttissima notizia, che la dice lunga sulle intenzioni del sistema giudiziario egiziano.
Il 15 novembre è stato arrestato Mohamed Basheer, direttore amministrativo dell’Iniziativa egiziana per i diritti della persona (Eipr) la storica e prestigiosa Ong con la quale, prima di partire per Bologna, Patrick aveva collaborato. Particolare inquietante, Basheer è stato interrogato anche sul recente incontro che alcuni ambasciatori di stati membri dell’Unione europea avevano avuto con l’Eipr.
Basheer è stato associato al “caso 855/20”, la nuova maxi-inchiesta con la quale la Procura speciale per la sicurezza dello stato vuole ridurre al silenzio la società civile egiziana.
Il “caso 855/20” riguarda accuse di adesione consapevole a un gruppo terroristico, finanziamento dello stesso e diffusione di notizie false allo scopo di minacciare la sicurezza nazionale. Nell’inchiesta è finito, tra gli altri, il blogger Mohamed Ibrahim, detto “Ossigeno”, proprio quando era stato disposto il suo rilascio.
Per Basheer rischia di avviarsi quel meccanismo che la storia di Patrick ci ha spiegato bene: periodi di detenzione preventiva, rinnovabili per 15 o 45 giorni fino al limite massimo di due anni (e a volte anche oltre) stabilito dalla legge egiziana per il carcere senza processo.