Un’altra botta in questo anno terribile. Nella vita culturale. Dopo Sean Connery, ci ha lasciato Gigi Proietti. “Er Mandrake” è stato un
personaggio straordinario e poliedrico, un attore-cantante-conduttore-regista capace di passare con geniale naturalezza da Brecht e Shakespeare a Petrolini, attraversando media diversi con attenta professionalità. Anzi. Si può dire che Proietti appartiene di diritto al ristretto Pantheon degli artisti che sanno transitare tra i vari gradi delle culture, i gradini alti e quelli bassi: innalzando questi ultimi al livello dei primi, a loro volta popolarizzati senza scadere nelle banalità. E sempre con la forza di chi ti fa sembrare – esempio di somma bravura- di non prendersi sul serio.
Lo stesso dialetto utilizzato (che è prevalentemente una cadenza e una fonetica) rende omaggio ad una parlata erroneamente considerata meno di idiomi come i linguaggi di Napoli o Firenze o Milano o Venezia. Un monologo fu dedicato proprio a questo. Non a caso, alcune sue trovate gergali “non me rompe er ca” o “lassa perde” o “nun je dà retta” sono entrate nelle comuni relazioni del discorso, grazie alla capacità di Proietti di liberarle da ogni volgarità.
Come i veri talenti, l’espressione sulla scena (la voce, gli occhi, le mani, il corpo) è il frutto di un lavoro lungo e paziente, che corre dalle cantine degli anni settanta, ai teatri stabili, ai palcoscenici internazionali, alla direzione del famoso Brancaccio di Roma divenuto un luogo cult.
Fino all’invenzione del magico Globe Theatre situato nel verde di Villa Borghese (sempre di Roma), che nacque proprio grazie ad una sua felice intuizione supportata dall’amministrazione capitolina e dalla Fondazione Silvano Toti. Luogo elisabettiano, dove il teatro e il pubblico si riunificano in una dimensione estetica e insieme esistenziale. Unica e affascinante.
Caposcuola, pure in senso letterale, forgiatore di attrici e attori divenuti bravi e famosi, personalità pubblica discreta e tuttavia incisiva. Indimenticabile, ad esempio, il suo “spot” per il No nella campagna del 1974 per il divorzio. E importanti le sue prese di posizione sui temi civili o politici. Ma sempre con lo stile di chi sa di avere un peso nella formazione dell’opinione pubblica e gestisce simile potere con qualche prudenza. Di qui un’insuperabile con un pubblico enorme e trasversale. Romano e globale.
Lo rimpiangeremo davvero tanto, perché non è vero che la vita continua.
Sì, però meno bella.