James Bond? Una traccia anagrafica anonima e diffusa fra migliaia di inglesi (nobilitata, come si sa, da Ian Fleming). Ma Sean Connery? Poco da aggiungere: questo nome, a suo modo aristocratico (da antico bardo scozzese), appartiene a un volitivo, indefettibile, autoironico viso d’attore, che resta fra gli ultimi “miti” e “campioni” di riservatezza umana dell’intera storia del cinema.
Nei panni di James Bond, “al servizio segreto di Sua Maestà” (secondo copione…tutto l’opposto di quanto da scozzese-patriota sentiva dentro) sembrava che tutto gli fosse spontaneo, volatile: indossare impeccabilmente lo smoking, furoreggiare (con gadget avveniristici) sulla indistruttibile Aston Martin, accendere una sigaretta con negligenza e poi lasciarla dov’è, esercitare l’ars amandi con le più sensuali e maggiorate eredi di Mata Hari al tempo della guerra fredda (e di folli, potenziali candidati ad essere “padroni del mondo”) ha significato per Connery “entrare nell’eden di quegli attori che diventano una leggenda”
Pertanto, e senza bisogno di “beatificazione alcuna”, Sean Connery è stato- come accennavamo- l’involontario, disincantato mito di se stesso (visto da vicino era un normale signore pacato e simpatico), probabilmente l’ultimo “esempio” del caos calmo-frenetico delle grandi produzione hollywoodiane. Senza timore che il pur eccellente, glaciale, imperturbabile Daniel Craig (anch’egli al termine della staffetta bondiana)possa scalzarlo nel ricordo degli spettatori, occasionali o esperti.
C’è poi da dire che alla fascinosa, “virilmente sorniona” maschera di Bond, l’attore Connery (che mai ne rimase prigioniero) seppe affiancare un memorabile parterre di ruoli diversissimi, raffinati, di sottile ambiguità e tormento: dal protagonista maschile di “Marnie” (di Hitchcock) al fermamente “metodico”, sovrano di ogni ‘logos’ ed esperto di intolleranze inquisitorie de “Il nome della rosa”; dall’anziano genitore di Indiana Jones di cui è collega e compagno in una delle sue ultime avventure “alla fine del mondo” al grande talento sobriamente distillato in umanità e sedimentato orgoglio di essere se stesso in “Gli intoccabili” di De Palma (per cui vinse il Premio Oscar).
Come dire? “Dalla spia più gettonata e invidiata del mondo” alla costruzione di una carriere essenziale ed esemplare, la cui sobrietà (il cui autocontrollo, la cui autostima) avevano, ogni domenica, la loro plastica rappresentazione nelle metodiche partite di golf che restavano lo spirito del “domestico e benigno spirito scozzese”
Ciononostante: mai una sbronza, un eccesso, un cedimento alla vanità, una lusinga a quel che di vacuo resta, più di una volta, allo scattare di un ciack, alla fine di una mirabolante sequenza aerea, alla chiusura definitiva delle riprese.
Per Sean Connery è accaduto stamani, all’età di 90 anni, spentosi serenamente nel sonno.