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Andrea Crisanti: “Sono pessimista, è saltato il sistema di tracciamento per il controllo del virus

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Il nome di Andrea Crisanti lo conoscono tutti: è il direttore dell’Istituto di microbiologia dell’Università di Padova, medico e professore universitario, divenuto celebre per aver gestito con efficacia la pandemia in Veneto durante la prima fase come consulente del Comitato tecnico scientifico istituito dal governatore Luca Zaia. Ideatore del “modello Vò Euganeo” il paese in cui aveva testato tutti gli abitanti per isolarlo dal resto della Regione. Ora non lo è più per evidenti contrasti e polemiche sfociate (come di consueto) sui giornali. Per capire cosa sta accadendo in questa seconda fase di emergenza sanitaria, segnata da un numero di contagi rilevati al 31 ottobre: 31.758 casi con una media giornaliera dal 23 al 29 ottobre del + 21.555; 215.886 (media: 174.438); contagi giornalieri/tamponi: 15,29% (media:12,36%),

Abbiamo chiesto al professor Andrea Crisanti di spiegare questi dati che stanno preoccupando l’opinione pubblica e le decisioni in merito prese dai DPCM del governo: domani lunedì 2 novembre è previsto un nuovo decreto con ulteriori restrizioni e l’ipotesi di bloccare la circolazione tra le regioni più a rischio. Il governo avrebbe intenzione di eseguire i tamponi (naso-faringei) solo alle persone che presentano evidenti sintomi e fare in modo che gli asintomatici, contagiati dal SarsCov2, vengano sottoposti ad isolamento domiciliare senza essere testati. Scelta dettata dall’intento di risparmiare i test molecolari ma è anche il risultato del fallimento del tracciamento, e chi ha avuto un contatto ravvicinato con altri in cui è stato diagnosticata la positività e sintomatica al virus.

L’Emilia Romagna vorrebbe isolare tutti i componenti all’interno delle famiglie ed eseguire i tamponi solo a chi risulti asintomatico e agli altri che sono entrati in contatto ravvicinato solo quando eventualmente si manifestano i sintomi. In questi casi verrebbe eseguito subito mentre per gli asintomatici il test molecolare entro dieci giorni. Andrea Crisenti  risponde al telefono da Padova e non è per nulla fiducioso.

Professor Crisanti come vede la situazione attuale di questi giorni con la ripresa accelerata dei contagi in Italia?

«La vedo male e sono molto pessimista a riguardo. È saltato il sistema di tracciamento per controllare il virus e noto una contraddizione evidente tra coloro che ammettono di non riuscire più a gestirlo e subito dopo però annunciano di identificare tutti i contatti stretti dei positivi. Nessuno si è è preso la responsabilità nei mesi estivi, a partire da giugno, di proseguire con il tracciamento e aumentare da subito i tamponi. I test sierologici invece non sono così affidabili. Così si è favorito maggiormente la diffusione del virus. Sono contrario ad una chiusura totale del paese (o lockdown) ma per mappare le zone a rischio e fare delle zone rosse granulari, caso per caso. Se viene fatto su scala nazionale nel giro di 4/6 settimana i casi diminuiscono ma poi ripartiamo da capo come prima e tutto fallisce.

Andava fatto a livello regionale dove sono presenti i maggiori focolai almeno due settimane fa. Era necessario intensificare con il tracciamento per far rallentare il virus perché l’obiettivo primario non è quello di fermarlo ma di guadagnare tempo. Eseguire un reset per poi consolidare il risultato mentre continuando con questa strategia non si va da nessuna parte. Così facendo si perde il 90% dei contatti. Bisogna abbattere la trasmissione e mi ripeto: guadagnare tempo! Questo servirebbe agli anestesisti e ai medici delle terapie intensive per la sorveglianza efficace in ospedale dei pazienti attualmente ricoverati».

Si era anche reso disponibile nei confronti del Ministero della Salute e del governo stesso, inviando a Roma un suo protocollo perché venisse poi adottato a livello nazionale che si rifaceva al metodo utilizzato nel Veneto. Cosa le hanno risposto?

«Non è stato recepito! Io avevo scritto tutto in quattro pagine e spiegato dettagliatamente cosa era necessario fare. C’erano tutti i contenuti scientifici necessari affinché si potesse poi applicarlo. La presunzione del Comitato tecnico scientifico inadeguato ha fatto sì che venisse respinto. Hanno trascurato quello che io ho fatto fare in Veneto: settecentomila test diagnosticati in laboratorio e i risultati si sono visti nella prima fase della pandemia. A Treviso invece hanno preferito eseguire in test rapidi e gli indici di trasmissione sono risaliti».

In questi giorni si sono viste le proteste in molte città da parte dei lavoratori dello spettacolo con la chiusura dei teatri e dei cinema. Questo per impedire spostamenti sui mezzi pubblici per recarsi nelle sale. Una scelta drastica che mette ulteriormente in crisi un comparto economico.

«Io vado a teatro, ci sono stato anche alcuni giorni fa prima della chiusura e le posso dire che i teatri sono luoghi dove la sicurezza era garantita. Pochi spettatori a fronte di molti posti disponibili ma contingentati, massima prevenzione e gli spettatori distanziati tra di loro, stando anche fermi. Ora però è tutto cambiato».

Cosa consiglia di fare alla popolazione?

«Di continuare a rimanere a casa il più possibile e intrattenersi il meno possibile con i propri contatti sociali ma non è fattibile rinchiudere migliaia di persone e le loro famiglie altrimenti si rischia il blocco totale per via che non possono andare al lavoro e dover restare a casa con i propri figli per via che non potranno andare a scuola. Così si rischia di chiudere tutto».

Viene annunciato ogni giorno la possibilità di avere il vaccino anti Covid-19….

«Del vaccino non si sa nulla! Sono solo annunci e proclami e questo mi spaventa. Siamo di fronte ad una situazione senza precedenti per quanto riguarda l’iter obbligatorio di un vaccino che richiede un rigoroso studio per la sua realizzazione. Sono stati sospesi anche i trials dello studio sugli anticorpi monoclonali. Bisogna avere maggiore rigore sulla ricerca».

 

Professore, alcuni giornali hanno pubblicato la notizia che lei si trasferisce a Roma per andare all’Istituto Spallanzani. Conferma?

«No perché io non ho nessuna intenzione di lasciare Padova e l’Istituto dove lavoro».

Il professor Crisanti è anche consulente del Comitato tecnico scientifico per la Provincia autonoma di Bolzano e intervistato da Nicola Chiarini per il Corriere dell’Alto Adige ha spiegato cosa avrebbe dovuto fare il presidente Arno Kompatscher (fino a venerdì scorso in questa provincia i teatri e i cinema erano aperti e i bar e i ristoranti potevano servire ai tavoli rispettivamente fino alle 20 e alle 22, in deroga con il Dpcm del governo Conte), ora allineato su quanto deciso a Roma. Il nuovo Dpcm che sta preparando il governo vorrebbe delle chiusure a livello locale mentre i governatori regionali vorrebbero il “coprifuoco” a livello nazionale alle 18 e il blocco della mobilità tra le diverse Regioni. «La Provincia di Bolzano avrebbe potuto implementare per tempo misure più restrittive, ma non l’ha fatto – spiega Crisanti al Corriere – e ora c’è una percentuale di tamponi positivi particolarmente alta. Non serve un esperto per constatare che è un dato preoccupante. Se fossero state prese tempestivamente misure restrittive adeguate, forse ora il lockdown non sarebbe una possibilità concreta (…)».

Anche in Alto Adige il tracciamento non è stato incrementato e ora l’indice Rt è molto elevato. Ieri 31 ottobre i nuovi positivi sono stati 547 e in Trentino 390. Domani lunedì 2 novembre è previsto uno sciopero nazionale degli infermieri e professionisti sanitari indetto da Nursing up dalle 7 di mattina alle 7 di martedì.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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