A proposito di querele temerarie e delle fantasiose declinazioni, pochi in Italia sanno che esiste un borgo di 600 abitanti che si chiama Campodimele, noto per essere il “paese della longevità” e delle cicerchie, un legume tipico dei monti della zona. E nessuno poteva immaginare che la giunta municipale il 5 novembre scorso, con apposita riunione, incaricasse un avvocato con il preciso scopo di inseguire i giornalisti che hanno osato e oseranno parlar male dell’amministrazione comunale che è “oggetto di numerosi attacchi sia sulla stampa che sul web”. Nella delibera, avallata dal dirigente dei Servizi finanziari, non viene indicato alcun articolo, né i contenuti diffamatori né le persone vittime di diffamazione. In modo generico si ingaggia un legale cui viene dato ampio mandato di avviare “azioni legali, sia civili che penali, idonee a tutelare il Comune sotto ogni profilo rispetto a qualunque forma di speculazione mediatica con scopi esclusivamente denigratori, diffamatori nei confronti dell’ente, dei suoi rappresentanti e della sua struttura burocratico amministrativa”.
Se si volesse portare in Senato una prova di cosa sono in Italia le azioni legali pretestuose contro i giornalisti al fine di convincere i senatori a votare la riforma, questa graziosa delibera della Giunta comunale di Campodimele sarebbe la pistola fumante, la prova dirimente circa la possibilità di inseguire e imbavagliare i giornalisti a prescindere da ciò che scrivono e scriveranno, poiché non solo è consentito dall’ordinamento ma non vi sono sanzioni e, comunque, come in questo caso specifico, a pagare sono i cittadini non già gli amministratori che hanno votato la consulenza onerosa. Quindi le querele pretestuose possono essere a carico dei bilanci pubblici. Le argomentazioni tecniche a sostegno dell’incarico legale sono molteplici. La più convincente è questa: “tutelare l’estimazione sociale, la reputazione e il prestigio dell’ente pubblico”, nonché “la costante pressione psicologica generata” dalle notizie pubblicate.
Ma quali sono le notizie apparse sui mezzi di informazione (solo locali, poiché il borgo non fa notizia in ambito nemmeno regionale)? Quattro o cinque comunicati stampa dell’opposizione che fanno parte della dialettica più o meno normale in un consiglio comunale, seppur assai piccolo. Polemiche che hanno animato la fine della scorsa estate incrinando lo status quo sonnacchioso di un tipico paesino dell’Italia interna. Che, visti gli sviluppi, forse proprio tranquillo non è più. Chi lo avrebbe mai detto? Campodimele è così piccolo che da oltre venti anni è amministrato dalla stessa famiglia, si sono alternati due fratelli, uno è tuttora in carica. L’unica volta che si è parlato di Campodimele non solo per i suoi legumi è stato l’anno in cui i tassisti di Roma hanno scoperto che il Comune aveva rilasciato settantacinque licenze per taxi a Campodimele, casualmente quando non c’erano più licenze disponibili a Roma città. Si scoprì in seguito che in quel minuscolo centro non c’erano settanta posti auto e forse nemmeno circolavano mai 70 automobili tutte insieme o quantomeno nessuno le aveva mai viste da quelle parti. I taxi in realtà operavano su Roma, nella tratta per Fiumicino. La Finanza presentò un’informativa in Procura per abuso d’ufficio e il processo è partito nel 2016. Che si respiri aria buona, di montagna con vista sul mare, questo sì è innegabile. E deve essere il motivo per il quale ogni volta che si vota a Campodimele si presenta un numero inusitato di candidati. L’ultima tornata delle amministrative, a giugno 2018, ha fatto segnare un piccolo record: cinque liste. Ce ne era una con il nome di una trasmissione tv, “L’altra Italia”, composta totalmente da persone di Ugento, in provincia di Lecce. E un’altra con tutti candidati della confinante provincia di Frosinone, la F.P.T. Il Centro. Tutti hanno potuto constatare che quelle due liste erano state presentate al solo fine di ottenere permessi lavorativi per il periodo della campagna elettorale. E le stranezze di questo borghetto sembrarono essere finite lì.