Processo Rocchelli. Primo dato: c’è attenzione intorno al caso. Molti dicono di essere vicini alla famiglia, per contribuire alla ricerca della verità. Bene. Perché quando nel 2017, prima che scattasse l’arresto del presunto colpevole, abbiamo invitato i genitori di Andy e i suoi compagni dell’agenzia fotografica Cesura al Festival dei Diritti Umani, non c’era tutta questa folla. Va dato atto che allora come oggi Articolo21 era al fianco della famiglia Rocchelli. Così come la FNSI e l’Associazione Lombarda dei Giornalisti ora sono parte civile al processo.
A Milano ci sono già state le due prime udienze del processo d’appello, il 29 settembre e il 1° ottobre. La battaglia legale tra le parti civili e la difesa dell’imputato – Vitaly Markyv, doppia cittadinanza, ucraina e italiana – è già accesa. Come deve essere quando c’è in ballo un doppio omicidio, una condanna pesante e l’ingombrante presenza del Governo ucraino, chiamato in causa come responsabile dell’azione di guerra in cui rimasero uccisi Rocchelli e Mironov.
Dalle prime schermaglie la notizia più interessante emersa è questa: l’intercettazione ambientale in cui Markyv dice “abbiamo fottuto quel fotoreporter italiano” in un primo tempo non venne trascritta perché l’interprete di allora fu minacciata. La Corte ha deciso di avviare un’inchiesta per capire chi avrebbe minacciato la donna e, contemporaneamente, ha disposto la trascrizione integrale dell’intercettazione ambientale.
Il secondo dato che emerge dal processo d’appello per l’uccisione di Andy Rocchelli e Andrej Mironov è che si allarga il fronte di chi crede all’innocenza di Markyv, condannato in primo grado a 24 anni. Fin dal primo giorno c’era davanti al Palazzo di Giustizia milanese una delegazione che sventolava la bandiera ucraina e mostrava una gigantografia di Vitaly Markyv: sguardo dritto, braccia incrociate sopra la mimetica, il basco ben calcato in testa. Come deve essere un sottufficiale della Guardia Nazionale Ucraina.
Molto addentro alle dinamiche ucraine c’è poi un’inchiesta giornalistica, “The wrong place”, realizzata da Cristiano Tinazzi, Olga Tokariuk, Danilo Elia e Ruben Lagattolla, che sta girando molto grazie al sostegno dei Radicali italiani. Sulla base delle loro ricerche, sopralluoghi e perizie i 4 giornalisti sostengono l’innocenza di Markyv.
Un sit in – poco importa se innocentista o colpevolista – difficilmente condizionerà i giudici. Idem un’inchiesta giornalistica. Chi ha seguito un po’ di processi sa che giornalisti e magistrati fanno un lavoro diverso. E meno male! Qualche volta un reportage ha proposto una suggestione interessante, altre volte quel lavoro giornalistico non ha retto la prova dei fatti. L’avvocato di Markyv ha chiesto di acquisire il reportage “The wrong place” e sentire chi lo ha confezionato. Non ci resta che aspettare: il 15 ottobre è già prevista la prossima udienza.