Circa un decennio fa, in un mio cantiere di Arzachena, il geometra si dimise. Motivò le dimissioni per aver “vinto” un appalto milionario, con la sua neonata ditta, per la trasformazione di un seminario in albergo. Le motivazioni dell’aggiudicazione sembravano una bufala: grazie allo zio, alto prelato, lui avrebbe usufruito del rientro di capitali dalla HSBC di Londra, direzione Sardegna. Le ultime notizie dal Vaticano fanno assumere a questa narrazione inquietanti requisiti di veridicità.
Dopo oltre quattro secoli dalla costituzione della Compagnia di Gesù, fu eletto il primo papa gesuita. Non contento di questo, il neoeletto prese un nome che da oltre otto secoli nessun pontefice aveva mai neanche ipotizzato: Francesco. Il poverello di Assisi non è stato ancora metabolizzato dalle eterne gerarchie vaticane. Molti prelati, invece, integrano la loro vocazione con finalità economiche inconfessabili. Tanti, ad esempio, siamo a conoscenza di semplici parroci che, morti improvvisamente, hanno lasciato eredità milionarie (in euro) e a volte anche discendenza.
La battaglia che Papa Bergoglio sta portando avanti per la legalità all’interno delle Mura Leonine è molto impervia, in quanto la corruzione è, oggi ancor più, il vero motore delle attività mondiali. Anche gli alti prelati sono esseri umani, con il vantaggio che possono confessare il loro peccati e sperare comunque nel Paradiso. Chi, come Papa Francesco, sogna una chiesa povera, può fare soltanto quanto da lui chiesto ogni domenica: pregare per il Papa. Anche i non credenti.