Un solo ergastolo al boss dell’omonima cosca, Nicolino Grande Aracri, e per uno solo degli omicidi di ‘ndrangheta commessi in provincia di Reggio Emilia nell’autunno del 1992. La sentenza di primo grado della Corte d’Assise di Reggio Emilia è arrivata alle 18,30 di venerdì 2 ottobre, dopo cinque ore di Camera di Consiglio. Escono puliti da questo processo gli altri tre imputati per i quali il sostituto procuratore antimafia Beatrice Ronchi aveva chiesto altrettanti ergastoli, ritenendoli responsabili delle morti di Nicola Vasapollo e Giuseppe Ruggiero, uccisi con pistole semiautomatiche 9×21, 7,65 e calibro 38 special nelle rispettive abitazioni alla periferia della città e nel comune di Brescello. Si tratta di Antonio Ciampà e Antonio Le Rose, che non erano in aula ad ascoltare la sentenza, e di Angelo Greco, già in carcere per altri omicidi di mafia, del quale è stata disposta la scarcerazione in relazione a questa vicenda.
La lettura della sentenza da parte del Presidente della Corte d’Assise Dario De Luca, che assieme al giudice a latere Silvia Guareschi ha guidato la giuria popolare nei venti mesi di udienze del processo, è durata pochi secondi e solo con il deposito delle motivazioni si potranno comprendere le ragioni di un giudizio che ha sorpreso buona parte del pubblico presente in aula. Soprattutto per la riconosciuta credibilità dei collaboratori di giustizia Antonio Valerio e Angelo Salvatore Cortese, che tra il 2016 e il 2018 hanno consentito la riapertura del caso con le loro dichiarazioni rese nel grande processo Aemilia. Credibilità affiancata da una infinità di verifiche e riscontri processuali che la procura antimafia di Bologna ha prodotto in aula dopo un accurato lavoro investigativo. All’impianto accusatorio complessivo della DDA hanno inoltre creduto i giudici del rito abbreviato, condannando il capo clan Nicolino Sarcone a 30 anni e lo stesso Antonio Valerio, che si era autoaccusato, a 8 anni.
Ma evidentemente tutto ciò non è stato sufficiente per la Corte d’Assise, che assolve Grande Aracri, Ciampà, Lerose e Greco “per non aver commesso il fatto” in relazione all’omicidio di Nicola Vasapollo, freddato il 21 settembre 1992 nel suo appartamento di via Pistelli, a Reggio Emilia, mentre era agli arresti domiciliari. Anche Giuseppe Ruggiero era ai domiciliari e fu colpito alle 3,30 di notte il 22 ottobre successivo a Brescello, quando andò ad aprire la porta di casa nella convinzione che a suonare il campanello fossero Carabinieri arrivati per un controllo. Ma si trattava di killer travestiti da carabinieri su una falsa auto dell’Arma. Per quell’omicidio viene condannato all’ergastolo il solo Grande Aracri, che aveva chiuso il dibattimento del mattino con una dichiarazione spontanea in cui diceva in sostanza: Valerio e Cortese mentono. Nicolino Mano di Gomma dovrà anche risarcire i danni che verranno stabiliti in separato giudizio per le due parti civili ammesse al processo: l’associazione Libera e il Comune di Brescello.
Quegli omicidi segnarono una prima cruenta resa dei conti nella guerra di mafia per il controllo delle attività illecite trapiantate al nord dalle cosche cutresi: guerra senza confini territoriali, che costò negli anni la morte di una cinquantina di persone tra Reggio Emilia, Mantova, Cremona e Crotone. In quel 1992 si scontrarono da un lato le famiglie unite dei Grande Aracri, Ciampà, Dragone, Arena, Sarcone, Greco, Macrì; dall’altra i Vasapollo e Ruggiero che si appoggiavano al temibile killer reggiano Paolo Bellini, coinvolto nelle più oscure trame eversive e stragiste del paese ed ora a processo anche per le 85 vittime della bomba esplosa il 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna. La morte di Vasapollo e Ruggiero fu oggetto di un altro processo che nel 1997 condannò all’ergastolo Raffaele Dragone, Domenico Lucente e Antonio Macrì.
Naturale soddisfazione alla lettura della sentenza dei difensori di Greco, Lerose e Ciampà. Immobile dal carcere, in videoconferenza, Nicolino Mano di Gomma, per il quale si tratta del secondo ergastolo a distanza di un anno, dopo la sentenza divenuta definitiva nel 2019 al processo Kyterion di Catanzaro che trattava l’uccisione dello storico boss rivale Antonio Dragone.
Le motivazioni della sentenza arriveranno entro 90 giorni, mentre al carcere della Dozza di Bologna proseguono i processi Grimilde (rito abbreviato) e Aemilia (appello) che ci parlano della ‘ndrangheta a Reggio e in Emilia. Non mancheranno le reazioni.