E’ stata una maratona: l’udienza del processo Rocchelli dedicata alla difesa dell’imputato, l’italo-ucraino Markiv, è continuata fino oltre le 21. Un fiume di parole per provare a smontare la tesi dell’accusa – Markiv è stato fondamentale per aggiustare il tiro del mortaio che ha ucciso Andrea Rocchelli e Andrej Mironov – tesi che è stata considerata veritiera dalla sentenza di primo grado e che la Procura Generale di Milano ha chiesto di confermare.
Invece secondo gli avvocati Della Valle e Rapetti è tutto sbagliato, lasciando intendere che si tratta di un accanimento politico contro il loro assistito. Della Valle ha parlato di “vizi capitali” della sentenza di primo grado. In estrema sintesi non c’è prova che Markiv fosse lì, e se era lì non è provato che abbia avuto quel ruolo cruciale nel guidare il lancio dei mortai che hanno colpito l’area dove si erano rifugiati i due fotografi, il giornalista russo e il loro autista. E ancora: forse quel colpo assassino non è partito dalla parte ucraina ma dalla parte dei separatisti russi.
Questioni non di poco conto: era una zona di guerra – dicono i due legali di Markiv – ma non può essere invocato il crimine di guerra, perché Andrea Rocchelli, Andrej Mironov, il fotografo William Roguelon e il loro autista potevano essere scambiati per miliziani.
La ricostruzione dei due avvocati è comprensibilmente molto diversa da quella indicata dalla sentenza di primo grado e che indica Markiv presente e fondamentale nell’aggiustamento del tiro; che descrive i 4 civili cercare una via di fuga camminando in fila indiana e senza atteggiamenti bellicosi; che ipotizza i colpi di kalashnikov sparati contro i fotografi per spingerli proprio in quel fossato dove poi è caduto il colpo di mortaio.
Un ribaltamento totale di ricostruzioni che “non può esimerci da replicare”, ha detto alla fine dell’udienza Nunzia Ciaravolo, che rappresenta l’accusa. Per il prossimo 3 novembre c’è da aspettarsi quindi un serrato botta e risposta tra le parti. E probabilmente già in serata la sentenza.