“Migliorare la sicurezza dei giornalisti in Europa”, un titolo-obiettivo quello del simposio che si è appena concluso e che ha visto discutere di libertà di informazione i principali attori della tutela della professione e della libertà di espressione nell’Unione Europea. L’iniziativa, voluta dal Dipartimento “Società dell’informazione” del Consiglio d’Europa, è stata incentrata nella prima parte sulla presentazione del libro “A Mission to Inform: Journalists at Risk Speak Out” e ha visto la partecipazione dei principali funzionari del Consiglio d’Europa oltre agli autori gli autori, Marilyn Clark, professore associato dell’Università di Malta, e William Horsley, direttore del Centro per la Libertà di stampa dell’Università di Sheffield. Nella seconda parte del dibattito due panel, il primo su come porre fine all’impunità per gli attacchi e il secondo sulle molestie online nei confronti dei giornalisti. Due temi che in Italia sono stati oggetto di analisi approfondita. Come si sa la Federazione Nazionale della Stampa Italiana ha consegnato ad inizio settembre un dossier sulle minacce via web ai giornalisti che hanno raccontato la verità sui migranti e i numeri reali degli sbarchi e che per questo sono finiti nel mirino di squadristi da tastiera. Tra i relatori al simposio il segretario della European Federation of Journalists, Ricardo Gutierrez e Matthew Caruana Galizia, figlio di Daphne, la giornalista uccisa tre anni fa a Malta, Dunja Mijatovic, della Commissione per i diritti umani nel Consiglio d’Europa. La data scelta, il 14 ottobre, non è stata, ovviamente casuale perché cade a 48 ore dal terzo anniversario dell’attentato a Daphne Caruana Galizia, fatto gravissimo avvenuto nel cuore dell’Unione Europea e rimasto ancora costellato di ombre e senza una vera giustizia. Il documento che accompagna il simposio è assai chiaro su un punto ineludibile e che fa parte anche della Carta per la libertà di stampa in Europa firmata a Perugia pochi giorni fa su input di Articolo 21, Fnsi e Usigrai.
“I giornalisti di tutti gli Stati membri del Consiglio d’Europa – si legge nel documento – devono affrontare varie forme di pressione e intimidazione intese a mettere a tacere e ostacolare la loro “missione di informare”. Ciò è preoccupante dato che le società democratiche possono funzionare solo se gli attori dei media possono riferire su questioni di interesse pubblico senza interferenze e senza paura. Proteggere la libertà di espressione e promuovere un ambiente di lavoro sicuro per i giornalisti è una priorità per il Consiglio d’Europa. Oltre a sviluppare strumenti e meccanismi per migliorare la protezione dei giornalisti, il Consiglio d’Europa si sforza anche di comprendere meglio le pressioni che i giornalisti investigativi devono affrontare nel loro lavoro, al fine di aiutare gli Stati membri ad affrontare la questione in modo efficace. Nel 2017 il Consiglio d’Europa ha pubblicato lo studio Journalists under Pressure: Unwanted Interference, Fear and Self-Censorship in Europe (di Marilyn Clark e Anna Grech). Lo studio ha analizzato quasi 1000 questionari a cui hanno risposto giornalisti di tutti gli Stati membri del Consiglio d’Europa e della Bielorussia e ha rivelato statistiche gravi sui rischi affrontati dagli attori dei media negli ultimi anni. Per interpretare meglio i risultati di questo studio e identificare mezzi specifici per affrontare questi rischi, il Consiglio d’Europa ha commissionato una ricerca qualitativa di follow-up, il cui scopo è analizzare come i giornalisti hanno risposto alle pressioni esercitate su di loro e quali soluzioni hanno trovato per superare paura e continuare a essere in grado di adempiere alla loro missione di cane da guardia pubblico”.
I risultati di quella ricerca sono analizzati nel libro “A Mission to Inform: Journalists at Risk Speak Out” che si basa su interviste approfondite di prima mano con 20 giornalisti di 18 Stati membri. Tra quelle interviste c’è anche l’ultima intervista rilasciata da Daphne Caruana Galizia. Dieci giorni dopo aver testimoniato per questa ricerca sui pericoli della sua professione, è stata uccisa nel contesto del suo coraggioso rapporto sui problemi di corruzione.
L’evento organizzato dal Consiglio d’Europa per oggi “mira a fornire un forum per la riflessione sui risultati e le conclusioni di questo potente studio” e cerca “di avviare una discussione sui crescenti rischi affrontati dai giornalisti nell’esercizio della loro professione, sulle possibili soluzioni per mitigare tali rischi e per sollecitare un’azione politica sia a livello nazionale che internazionale”.