Dalle prime pagine di oggi sono praticamente scomparsi i dati sulla diffusione del Covid: morti, terapie intensive, rapporto tra positivi e tamponi. E già i tg di ieri sera li avevano fatti scivolare in basso, dopo ampie cronache sulle proteste nelle città e sulle connesse polemiche politiche. Come se i numeri ci avessero stufato, perché indubbiamente è più ‘nuovo’ raccontare le forme accese delle rivolte. Eppure le cifre non sono tali da poter essere accantonate, purtroppo: ancora ieri il loro andamento giustificava grande preoccupazione. Ma se le togliamo di mezzo si perde il nesso tra la causa (i dati sempre più allarmanti sul contagio) e l’effetto (le misure adottate dal governo). E ogni protesta finisce per brillare come la sacrosanta richiesta di lavoro e di ‘libertà’ contro decisioni che sembrano scriteriate e punitive. Non sarà il caso di continuare a tenere in primo piano i dati? Torna utile un punto della Carta di Assisi: “impariamo il bene di dare i numeri giusti”. Anche quando sono meno spettacolari di una piazza in tumulto.