Nell’ultimo decennio l’immigrazione è diventata uno dei temi centrali dell’agenda politica. In realtà, dal 2011
l’Italia ha di fatto chiuso la porta agli immigrati extra-comunitari in cerca di lavoro, che per entrare in Italia
hanno potuto usare solo i ricongiungimenti familiari o le richieste d’asilo. Gli occupati stranieri oggi
producono il 9,5% del PIL italiano, ma il potenziale è frenato da lavoro nero e presenza irregolare.
Questi alcuni degli elementi chiave del decimo Rapporto annuale sull’economia dell’Immigrazione a
cura della Fondazione Leone Moressa, presentato oggi a Roma.
Stranieri in aumento, ma ingressi per lavoro in calo. Dal 2010 ad oggi gli stranieri residenti in Italia
sono passati da 3,65 a 5,26 milioni (+44%), arrivando a rappresentare l’8,7% della popolazione (e
superando il 10% in molte Regioni). Tuttavia, i nuovi Permessi di Soggiorno sono complessivamente
diminuiti del 70%, a causa di una riduzione drastica di quelli per Lavoro (-97%): gli stranieri (extra-
comunitari) oggi arrivano soprattutto per ricongiungimento familiare o motivi umanitari.
Lavoratori stranieri e impatto sul PIL. Oggi gli occupati stranieri in Italia sono 2,5 milioni e negli ultimi
dieci anni sono aumentati di 600 mila unità (+31% dal 2010). È un’occupazione concentrata
prevalentemente nelle professioni meno qualificate, pertanto al momento è complementare rispetto
all’occupazione italiana. I lavoratori stranieri sono prevalentemente uomini (56,3%) e 7 su 10 hanno un’età
compresa tra 35 e 54 anni. Oltre la metà ha come titolo di studio la licenza media, mentre solo il 12% è
laureato. Il Valore Aggiunto generato dai lavoratori stranieri è pari a 146,7 miliardi di euro, pari 9,5% del
PIL. Valore ridimensionato da presenza irregolare, lavoro nero e poca mobilità sociale.
L’espansione delle imprese straniere. Nell’ultimo decennio l’imprenditoria straniera è stata uno dei
fenomeni più significativi: gli imprenditori nati in Italia sono diminuiti (-9,4%), mentre i nati all’estero sono
aumentati (+32,7%). Le nazionalità più numerose sono Cina, Romania, Marocco e Albania, ma la crescita
più significativa si registra tra gli imprenditori del Bangladesh e del Pakistan. Il 95% delle imprese a
conduzione straniera è di proprietà straniera “esclusiva”, quindi senza soci italiani. Le imprese straniere
producono un Valore Aggiunto di 125,9 miliardi, pari all’8,0% del totale. L’incidenza maggiore si registra
nell’edilizia (18,4% del V.A. del settore).
Impatto fiscale: più benefici che costi. I contribuenti stranieri in Italia sono 2,29 milioni e nel 2019
hanno dichiarato redditi per 29,08 miliardi e versato Irpef per 3,66 miliardi. Sommando addizionali locali e
contributi previdenziali e sociali si arriva a 17,9 miliardi. Oggi il saldo tra entrate (Irpef, IVA, Contributi, ecc.)
e costi (Scuola, Sanità, Pensioni, ecc.) dell’immigrazione è ancora positivo (+500 milioni). Gli stranieri sono
giovani e incidono poco su pensioni e sanità, principali voci della Spesa Pubblica. Ma i lavori poco qualificati e
la poca mobilità sociale possono portare nel lungo periodo ad un saldo negativo.
La “sanatoria” 2020. La procedura di regolarizzazione 2020 è solo l’ultima di una lunga serie che, dal 1987
ad oggi, ha portato all’emersione di oltre 2 milioni di stranieri irregolari (il picco nel 2002/2003, con quasi
650 mila “sanati”). La “sanatoria” ha portato nelle casse dello Stato 30 milioni di euro immediati (contributo
una tantum al netto dei costi amministrativi), ma potrebbe portare altri 360 milioni di euro annui, sotto
forma di tasse e contributi dei lavoratori regolarizzati.
Presenza straniera in Italia, confronto