Il Papa ha firmato ad Assisi la lettera “Fratelli tutti”, la sua terza enciclica, ispirata a quel San Francesco di cui ha adottato il nome. Ma la visita fuori Roma, la prima dopo il lockdown, è stata anche l’occasione per un paio di messaggi che rispondono all’attualità più immediata. Nel corso del suo pontificato Jorge Mario Bergoglio ha firmato una prima enciclica, “Lumen Fidei” (29 giugno 2013), ereditata dal suo predecessore, Benedetto XVI, e con lui siglata a quattro mani, e poi una seconda, “Laudato si” (29 giugno 2013), la prima scritta da solo, e la prima ad essere ispirata, come quella firmata oggi, al poverello di Assisi. Questa ultima lettera, che viene pubblicata domani, festa di San Francesco, è stata firmata oggi dal Papa ad Assisi, la prima volta nell’epoca moderna che un Pontefice firma una enciclica fuori da Roma. Eventi che hanno una eco storica, dunque, ma il Papa, da consumato comunicatore, ha voluto anche punteggiare la visita con due sottolineature, implicitamente indirizzate a due questioni delle scorse settimane. Diverse donne cattoliche – da ultimo il Catholic women’s Council – hanno criticato la scelta di intitolare la nuova enciclica con il maschile “fratelli”, senza includere, cioè, anche le “sorelle” tra quei “tutti” a cui il Papa si rivolge. Il Vaticano ha fatto presente che il titolo è una citazione testuale tratta dalle Ammonizioni di San Francesco, e che sarebbe stato anacronistico modificarlo, ma che tale scelta non precludeva affatto l’inclusione delle donne. Si vedrà domani, quando il testo verrà pubblicato ufficialmente, se l”enciclica fa riferimento esplicito alle tante “sorelle” che in questi anni, nella società e nella Chiesa, si sono sentite emarginate. Ma già oggi, con due fuori programma, il Papa ha voluto inviare un messaggio inclusivo: prima di giungere al Sacro Convento, Francesco si è recato dapprima a Spello, dove ha pranzato con le monache clarisse di Santa Maria in Vallegloria, e poi, giunto ad Assisi, ha fatto una prima tappa alla basilica di Santa Chiara, la donna senza la quale, come dicono gli storici, San Francesco non sarebbe stato San Francesco. Arrivato poi al Sacro Convento, Francesco è sceso nella cripta, dove ha celebrato messa sulla tomba di San Francesco. Celebrazione essenziale, senza omelia, che ha fatto risaltare ancor di più le poche parole che il Papa ha voluto pronunciare alla fine. “Adesso – ha detto – firmerò l’ENCICLICAche porta sull’altare mons Paolo Braida, incaricato delle traduzioni e dei discorsi del Papa nella prima sessione: lui sorveglia tutto e per questo ho voluto che lui stesse presente qui oggi e mi portasse l’enciclcia, con lui sono venuti due traduttori”, ha proseguito Francesco, presentando il responsabile della traduzione dallo spagnolo al portoghese, mons. Antonio Ferreira da Costa, e quello che ha “un po sorvegliato le altre tradizioni”, mons. Juan Antonio Cruz: “Lo faccio – ha puntualizzato il Pontefice – come segno di gratitudine a tutta la prima sezione della Segreteria di Stato che ha lavorato in questa stesura e traduzione”. Alla fine, il Papa ha voluto che i tre sacerdoti (“Dove sono? Si nascondono…”), lo raggiungessero all’altare, e posassero a fianco a lui (“Togliete la mascherina”) per le foto di rito. Un riferimento che non sembra casuale: la prima sezione della Segreteria di Stato è quella stessa presieduta, fino al 2018, da Angelo Becciu, il cardinale recentemente dimissionato da Francesco e sanzionato con la perdita delle prerogative cardinalizie. Attorno alla sua figura, e alla opaca compravendita di un immobile a Londra con i fondi della Segreteria di Stato, la magistratura vaticana ha aperto un’indagine che sta facendo venir fuori affari a dir poco loschi. Ma riconoscendo pubblicamente il lavoro di tre suoi collaboratori solitamente nascosti è sembrato vole attestare la stima che egli nutre nel complesso della burocrazia vaticana. Senza nascondere le malversazioni, ma senza cedere a condanne generalizzate.