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Il filosofo con la macchina fotografica. Un ricordo di Frank Horvat

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“Fotografare: non so fare altro”. Si scherniva così Frank Horvat mentre siede al centro dell’Auditorium “Giancarlo de Carlo” del Monastero dei Benedettini di Catania davanti ad una platea gremita e attenta che lo interroga nel giorno d’apertura del Med Photo Fest, appena due anni fa. Frank Horvat è stato uno dei maggiori fotografi mondiali. Lo avevamo incontrato proprio a Catania nel corso dell’inaugurazione de “Il mio trittico”, la mostra allestita proprio nelle Cucine del Monastero dei Benedettini. “Si, perché a novantadue anni – aveva aggiunto ironicamente – sono vecchio come il cucco”. Ecco, questo mostro sacro della fotografia mondiale aveva ancora la voglia e l’energia di rispondere, di raccontare, di trasmettere la sua esperienza di uomo e di fotografo. Una carriera artistica straordinaria, la sua, condensata in tre parole-chiave: “eleganza, umanità, ironia”. Qualità che lo stesso Horvat nel corso del suo amichevole colloquio ci aveva pienamente confermato. “Andrò in giro a scattare foto: Catania è una città che mi piace davvero. Perché la fotografia – precisa poco dopo – è una forma di conoscenza. Posso così catturare un aspetto dell’identità della città e in questo modo la riconosco.

Allo stesso tempo, attraverso i miei scatti, agisce una sorta di riconoscenza reciproca.” Lo confermano i magnifici scatti del “Il mio trittico”, tre serie di foto realizzate tra il 1976 e il 1986. “Solo più tardi ho cominciato a considerarle – ci ha spiegato lui – come un vero e proprio insieme. Ci sono voluti centinaia di rullini e solo in un secondo momento ho trovato in quelle foto una omogeneità nonostante sembrino essere state scattate da fotografi diversi. E forse è proprio questo l’aspetto più interessante!” Poi ha anche gettato uno sguardo sulla trasformazione digitale: “Il computer ha trasformato qualsiasi attività umana: gli ultimi a salire sul treno sono stati i fotografi, come a rimpiangere l’oscurità e l’odore del laboratorio. Ma non per me: a mio parere anzi la digitalizzazione è stata la liberazione da compiti ripetitivi e noiosi; lo svantaggio ovviamente è che la fotografia – apparentemente – è diventata così facile che la vera difficoltà oggi è quella di convincere la gente ad osservare le tue foto. Ma – conclude orgoglioso – è esattamente il tipo di sfida che ho scelto di portare avanti col progetto An Eye on the Fingertips”. Un fotografo-filosofo del nostro tempo, Horvat: “Il tempo siamo noi – ha detto in una intervista – il tempo è il nostro nemico, il tempo è quello che ci uccide, il tempo è la nostra vita, il tempo è tutto. E il tempo è la mia angoscia, continuamente. E la fotografia è una specie di vittoria illusoria sul tempo, completamente illusoria, naturalmente”.


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