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Dalle “pizze a otto” al paniere del lockdown è sempre la Napoli di Giacomo Furia

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In tempo di lockdown, causa pandemia da Covid-19,  a Napoli sono comparsi dei panieri appesi ai balconi, oppure dinanzi a negozi di alimentari riportanti una scritta alquanto singolare: “Chi può metta, chi non può prenda”.  Si trattava di un invito a lasciare nel cesto degli alimenti per coloro che, braccati dalla crisi economica che si era scatenata, non riuscivano a comprare il necessario per fare la spesa. Dunque, dal capoluogo napoletano, dove sono ancora tante le “nottare che devono passare”, era partita una gara di solidarietà silenziosa e senza protagonismi un po’ come ci chiede Gesù nel Vangelo, quando ci esorta a non farci notare dagli altri quando facciamo beneficenza e a non far sapere alla mano destra quello che fa la sinistra. Dai vicoli di Napoli, grazie all’intuizione del “solito ignoto” si era avviata un’economia solidale concreta, immediata lontana dalle stanze della politica impantanata tra incapacità e burocrazia Un’economia solidale che ha fatto commuovere l’intero Paese, successivamente ripresa anche in altre zone d’Italia. La città di Eduardo, Troisi, e Totò non è la prima volta che dà vita a questo tipo di economia solidale. Riavvolgendo il nastro di qualche decennio, non possiamo non ricordare “L’Oro di Napoli”,  una raccolta di racconti di  Giuseppe Marotta da cui viene sceneggiato dallo stesso Marotta, Cesare Zavattini e Vittorio De Sica un film che tratteggia, in sei episodi,  personaggi e caratteri della Napoli popolana, affidati all’interpretazione di attori indimenticabili oramai entrati nell’immaginario collettivo. Proprio in uno di questi episodi ricordiamo come protagonisti la brava e avvenente Sophia Loren,  nelle vesti della pizzaiola Sofia, e Giacomo Furia, nelle vesti del marito geloso Rosario. Loro vendono pizze fritte, “pizze a credito”, “pizze a otto” cioè pizze mangiate subito ma pagate dopo 8 giorni.  Siamo negli anni ’50 del secolo scorso e come dicevamo prima Napoli sapeva fare di necessità virtù creando un’economia circolare pur di non farla cadere tra inflazione o spred dell’epoca.

Adesso le gesta e l’intera carriera di Rosario, al secolo Giacomo Furia sono raccolte in “Giacomo Furia – vita e carriera di un attore caratterista” della studiosa Francesca Crisci, la prima monografia dedicata a un attore caratterista data alle stampe in Italia dalla casa editrice napoletana Graus edizioni. Dagli esordi con Eduardo De Filippo, all’esperienze con Peppino alle magnifiche interpretazioni con Totò dove Furia diventa uno dei tre della famosa Banda degli Onesti. Un lavoro necessario, essenziale, che può vantare una scrittura semplice e coinvolgente che ci offre un racconto a volte inedito di Furia al quale è stato anche dedicato un museo nella natia Arienzo in provincia di Caserta. Il testo vanta la postfazione di Filippo Furia, figlio di Giacomo, mentre scrive il critico cinematografico Alberto Castellano nella prefazione: “Giacomo Furia  fa parte di quella nutrita schiera di caratteristi napoletani che hanno lasciato una traccia profonda nel cinema italiano, dando vita con caratterizzazioni efficaci, corpose, gustose, divertenti, mai volgari a un’indimenticabile galleria di personaggi, recitando in film popolari “bassi” e in film “alti”, da soli e in coppia, tenendo testa a ruoli comici da spalle e alla pari, ricoprendo con disinvoltura ruoli comici e drammatici, esprimendosi in dialetto o in italiano con accenti partenopei”.


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