Riuscì là dove pochi credevano che sarebbe riuscito, e i meriti del cancelliere Kohl sono ancora oggi da tutti riconosciuti. Fu il padre della Germania unita, il promotore dell’unificazione europea, colui che disse di volere l’euro non per ragioni economiche ma in ricordo del fratello morto in guerra; uno statista, insomma, un galantuomo che ebbe il merito di credere in una Germania europea e non in un’Europa tedesca.
Il 3 ottobre 1990 è un giorno non meno importante del 9 novembre 1989, il compimento di un processo iniziato diversi anni prima e che ebbe nell’abbattimento del Muro di Berlino il punto apicale ma, per fortuna, non conclusivo. Il passaggio decisivo, infatti, avvenne un anno dopo, quando la Germania tornò a essere una e riacquisì la centralità che le è propria, dopo aver vissuto per quasi sessant’anni dapprima il dramma del nazismo e poi la tragedia della separazione forzata.
Se penso alla mia generazione, mi rendo conto che noi non possiamo nemmeno immaginare cosa significasse vivere in un mondo diviso in blocchi. Quest’estate, in vacanza, mi è capitato di incontrare diverse famiglie tedesche e mai mi sono posto il problema se fossero dell’est o dell’ovest, per il semplice motivo che oggi, per fortuna, queste divisioni non esistono più.
Penso al dramma dei familiari divisi, degli amici che non si sono visti né sentiti per ventotto anni, dei Vopos e dei tentativi di fuga e mi rendo conto che non si è ancora riflettuto abbastanza sulla grandezza di Kohl, sulla sua determinazione nel trasformare la barbarie in speranza e sulla sua forza d’animo nel costruire qualcosa che sapeva che avrebbe visto solo in parte.
Helmut Kohl, classe 1930, era un figlio della Germania di Weimar e dell’inflazione alle stelle, dal ’33 al ’45 costretto a patire sulla propria pelle l’incubo del nazismo, dei bombardamenti, delle macerie e dei morti, poi lo stigma del resto d’Europa, infine la divisione, l’orrore delle due nazioni nemiche pur parlando la stessa lingua, per essere infine l’uomo della riappacificazione e dell’incontro, un costruttore di ponti, il punto di riferimento di quanti non si arrendono e non si arrenderanno mai all’abisso.
Il 3 ottobre 1990 è una data cruciale nella complessa storia europea, un punto di svolta e il simbolo di un nuovo inizio che ha trasformato la Germania da malato a locomotiva d’Europa.
Ricordare quei giorni, quelle intuizioni, la bellezza interiore di colui che prese per mano Mitterrand di fronte alla spianata di Verdun dove nel 1916 francesi e tedeschi si erano sparati addosso, con la conseguenza di centinaia di migliaia di morti, la complessità di un sognatore realista e le concrete realizzazioni che ci ha lasciato in eredità, pensare a tutto questo significa porre un mattone importante nell’edificazione dell’Unione del futuro. Un’Europa di pace, senza confini, senza frontiere, capace di abbattere tutti i muri e di coltivare la memoria di ciò che è stato affinché non si ripeta. Non è retorica: è il senso stesso del nostro stare insieme.
P.S. Dedico quest’articolo a Carla Nespolo, presidente dell’A.N.P.I. e baluardo democratico che ha testimoniato fino all’ultimo giorno la propria passione civile e politica e la propria fede anti-fascista. Un altro triste, dolorosissimo addio.
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