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Scuola senza vocabolario

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Incertezze infinite. Banchi  monoposto con le rotelle sì, no, utili per mantenere le distanze ma non indispensabili in versione mobile. Termoscanner per misurare la temperatura sì, no perché favoriscono un pericoloso assembramento tra gli studenti. Mascherine sì per i professori (anche trasparenti) e alunni quando si spostano; no per gli insegnanti quando svolgono la lezione se ci sono almeno due metri di distanza  e no per gli studenti quando sono seduti nei banchi monoposto a patto del distanziamento di almeno un metro.

Tutti con le mascherine sugli autobus, ma le vetture rischiano di marciare di nuovo affollate. Scontri continui tra governo, regioni, opposizioni e sindacati sulla riapertura delle scuole e delle università.

Il caos impera. Il Coronavirus continua a far paura. Giuseppe Conte non vuole lasciare spazio agli attacchi del centro-destra proprio alla vigilia delle elezioni del 20 e 21  settembre in sette regioni. Il presidente del Consiglio martella: il 14 settembre «la scuola riparte, non ci sono dubbi». Lucia Azzolina è sulla stessa linea: la riapertura delle scuole «è una priorità del Paese». La ministra cinquestelle dell’Istruzione è particolarmente bersagliata da Matteo Salvini che la vuole sfiduciare, così cerca di sminare le incertezze e promette di tutto.

La scuola riprende “in assetto di battaglia” per contrastare la pandemia, ma per insegnare cosa? Il governo ha parlato moltissimo dell’emergenza sanitaria, ma non ha indicato i contenuti dell’insegnamento. Manca la filosofia che deve guidare l’istruzione per dotare i ragazzi di due fondamentali strumenti: le capacità critiche per capire e affrontare le difficoltà della vita, l’impalcatura culturale e tecnica per conquistare un lavoro qualificato. La sicurezza sanitaria è essenziale, ma è altrettanto fondamentale rispettare (e aggiornare) la missione dell’insegnamento. Spaventa una scuola senza né grammatica né vocabolario.


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