Che rapporto c’è tra quantità e qualità? Questo è un dilemma antico, ma che – in vista del referendum per la riduzione dei parlamentari – sta occupando la ribalta della discussione pubblica. In sostanza, ci si confronta per capire se si lavora in Parlamento meglio in 945 (630 onorevoli e 315 senatori) o in 600 (400+200). Chi è per il sì, afferma che con minori eletti è tutto più agile e le cose andranno meglio. Chi si pone per il no, evidenzia la difficoltà di rappresentare le aree più marginali del Paese e di allestire le commissioni in cui si specializza il lavoro legislativo.
Un tema forte per il sì è l’assenteismo dilagante tra gli eletti, con punte di oltre il 90 per cento. L’argomento è rilevante e irritante. E forse potrebbe essere il punto di svolta per trovare finalmente un nesso tra quantità e qualità. Ovvero lasciando il numero attuale di eletti in entrata, ma tagliando ogni anno una quota dei più assenti. Con queste “decadenze programmate” uscirebbero i meno motivati, magari perché hanno di meglio da fare e rimarrebbe chi ha preso sul serio la carica. Insomma, il taglio lineare non è una soluzione e infatti voterò no. Ma il tema di una ottimizzazione della rappresentanza c’è.
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