Non è un frammento di dialogo tra lo Smilzo e il sindaco brescellese Giuseppe “Peppone” Bottazzi: è un dato di fatto.
È un dato di fatto che una donna abbia presentato un esposto ai carabinieri di Imola, perché avrebbe assistito a una scena incredibile: era in un ristorante di Rimini, il la Tana Marina, dove lo scorso 16 agosto si è riunita la famiglia della donna per festeggiare il secondo compleanno di una bambina. Il cameriere, una volta presa la comanda, si sarebbe voltato verso un’immagine di Benito Mussolini e – dopo aver salutato romanamente – avrebbe chiesto scusa al Cavalier Mussolini per dover servire dei clienti neri. Sì, perché la famiglia riunita è originaria del Senegal. La signora in questione, Adjisam Mbengue, ha riportato su Facebook il racconto di quanto accaduto; e poi si è presentata ai carabinieri di Imola, dove abita, per presentare un esposto. I gestori del locale si dicono amareggiati e mettono a disposizione le immagini dell’impianto di videosorveglianza per dimostrare che non sarebbe accaduto nulla di quanto riportato: «Mi dispiace – dice la titolare all’ANSA – perché ricordo quella famiglia, era molto bella, ben vestita e ho anche preparato la torta per la bambina. Non capisco, quando hanno finito di cenare mi sono sembrati contenti». Sulla questione interviene anche la vice-sindaco di Rimini, Gloria Lisi, che sempre all’ANSA spiega: «Spero nel profondo del cuore che tutto ciò che sta rimbalzando questa mattina sul web in ordine a un denunciato episodio di razzismo in un locale di Rimini, sia frutto solo di un gigantesco equivoco. Che, per dirla tutta, comunque sarebbe grave, a partire dalla verifica circa la presenza in un locale pubblico dell’effigie di Benito Mussolini, in sfregio alle leggi vigenti sull’apologia del fascismo».
Già, un’effige di Benito Mussolini in un locale pubblico; perché è questo alla fine il vero problema. Su quanto accaduto indagheranno i carabinieri, per capire la portata di quanto successo, di come sia successo e del perché sia successo; ma la cosa grave è che nella terra dei fratelli Cervi e dell’eccidio nazi-fascista di Monte Sole, a Marzabotto, ci possano essere bar che sfoggiano bustine dello zucchero con l’effige di Mussolini, oppure ristoranti in cui si mangiava al cospetto del busto truce del dittatore di Predappio, e ancora edicole in cui si pone in vendita il calendario con l’effige dell’ex direttore (socialista) dell’Avanti!. A Rimini e Bologna, ma anche a pochi chilometri da Campegine e dalla tomba di Alcide Cervi; a Sant’Ilario di Reggio Emilia: dove l’edicola è quella della Coop!, ma anche alla Conad di Forlì. Da dire che – a fronte delle lamentele dei soci delle cooperative – gli oggetti “dedicati” al maestro elementare diventato amico di Hitler, sono stati ritirati. Ma la domanda sorge spontanea: bisognava attendere le lamentele dei soci?
Il problema è noto e stranoto: la Costituzione è effettivamente anti-fascista, prevedendo il divieto di ricostruzione del Partito Fascista: «È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. In deroga all’articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dall’entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista», ma la Regina delle leggi italiane non fa riferimento all’esposizione di emblemi e “feticci” del fascismo nei locali pubblici e nei luoghi aperti al pubblico. Per attuare le indicazioni della Costituzione, nel 1952 è stata redatta la L.645/1952, nota come Legge Scelba: l’apologia del fascismo è un reato. Ma anche in questo caso, nulla si dice chiaramente sull’esposizione dei simboli del fascismo. Nel 1993 interviene la Legge Mancino, che punisce «…chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi..». Non c’è, ancora una volta, una chiara messa al bando dei simboli fascisti o mussoliniani.
Nell’estate del 2017 è la volta dei cartelli di chiaro riferimento fascista in uno stabilimento balneare di Chioggia. E il problema della “propaganda” di quel partito fascista bandito dalla Costituzione si ripresenta; ad avanzare la proposta di una semplice modifica dell’articolo 293 bis del Codice Penale è il deputato del Pd Emanuele Fiano, il quale con la proposta di Legge numero 3343, propone di inserire nel testo del citato articolo una condanna per «…chiunque propaganda le immagini o i contenuti propri del Partito fascista o del Partito nazionalsocialista tedesco…” o chi “…ne richiama pubblicamente la simbologia o la gestualità…». Seguono discussioni al limite della civiltà, con Fiano attaccato dall’Onorevole Massimo Corsaro (ex An) il quale, riferendosi a Fiano scriveva: «Che poi, le sopraciglia le porta così per coprire i segni della circoncisione…». La discussione sul disegno di Legge proposto da Fiano si è bloccata – dopo l’approvazione da parte della Camera dei Deputati – per la fine della legislatura; peccato, sarebbe stato necessario il passaggio al Senato e poi, finalmente, sarebbe stato disponibile uno strumento per impedire l’esposizione di bottiglie di vino con l’effige di Mussolini e tutta l’altra paccottiglia di cui stiamo ancora parlando.
Il prossimo 5 ottobre, a Marzabotto, ci troveremo per esprimere sostegno a tutti i giornalisti che subiscono attacchi e minacce da parte degli eredi dei macellai nazisti e fascisti che a Monte Sole trucidarono donne e bambini; sarà l’occasione per suggerire di rispolverare il disegno di legge del 2017. Altrimenti dovremo continuare a dire: «Peppone, abbiamo un problema...».