Ci sono battaglie che ci investono e ci vestono, come galloni preziosi.
Che ci rendono tronfi, anche se la fatica non l’abbiamo fatta noi. Che basta gustarne l’odore, a tratti acre tant’è stata la fatica, per farle in qualche modo nostre.
Lotte di civiltà e d’onore. Lotte di valori.
Lo è stata, tranchant, rivoluzionaria, forte fin nelle viscere, quella di Yvan Sagnet.
Cavaliere al merito della Repubblica Italiana, pur con la sua pelle scura di camerunense con gli occhi ben aperti sul mondo.
Come fosse un prezzo da scontare, suo e di un popolo intero. Dimenticando che tutte le facce, tutte le vite, s’incontrano sotto un unico termine: uomini.
E il discrimine vero, l’unico, è tra uomini perbene e uomini non.
Ma quello puzza, di disfatta e di miseria, come ogni polvere sotto ai tappeti della vita.
Yvan Sagnet da poche ore è cittadino onorario della Città di Lecce, cuore del Salento d’esodi e d’approdi, cuore di quel sud come tutti i sud amaro e bellissimo, straordinario e controverso. Ma l’opposizione ha lasciato l’aula, ad eccezione di un solo consigliere.
Un imbarazzo, una scelta, che fanno storia, in questa stessa storia, ma dall’altra parte del confine.
Sagnet, ingegnere, decise di lasciare il nord Italia per trasferirsi nel campo di Boncuri a Nardò (Le), dove braccianti suoi connazionali e non, dormivano tra mosche e sporcizia, prevaricati, abbrutiti, offesi. Pochi spicci e piedi in testa alla dignità. L’ha fatto anche lui il bracciante della stagione dei pomodori. Una di quelle stagioni costate vite, di uomini e donne, italiani e non. Persone. Lavoratori e lavoratrici.
In quella linea Maginot dei diritti cancellati, Sagnet ha pensato, ponderato, costruito, metabolizzato e portato in strada nell’aria una rivolta senza precedenti. Dal basso, Dal cuore.
Una rivolta che ha portato all’introduzione del reato di caporalato, a un processo e a delle condanne.
Lecce gliene rende merito.
Ma la proposta di conferimento della cittadinanza onoraria avanzata dalla maggioranza, non ha avuto la firma dell’opposizione, ad eccezione di quella del consigliere pentastellato.
E nulla è cambiato da quel momento alla cerimonia.
Nessun ripensamento o cambio in corsa.
Quel che è peggio, perché c’è un peggio ulteriore in questa assurda storia, l’opposizione ha abbandonato l’aula consiliare nel momento in cui il sindaco di Lecce, Carlo Salvemini, ha fatto di Yvan Sagnet un leccese.
E chissà se conta e quanto conta parlare di colori, in questa vicenda.
Ché l’opposizione leccese è in quota centro destra.
Ma no, non c’è né ci può essere colore in certe scelte trasversali e universali. Perché saremmo all’anno zero della civiltà.
O forse lo siamo, le pagine di cronaca di questi giorni bui ce lo ricordano.
Di caporali sono piene le strade e le case e gli scranni, non solo i campi.
Fabiana Pacella, presidio Articolo21 Puglia