La commissione interprovinciale di Cosa Nostra ha deciso, nel febbraio del 1992, proprio ad Enna l’offensiva di morte della primavera e dell’estate palermitana: Salvo Lima, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino. Raffaele Bevilacqua avvocato penalista, sospeso dall’ordine, condannato per associazione mafiosa nel processo Leopardo, viene arrestato la prima volta il 17 novembre 1992. È proprio il collaboratore di giustizia Leonardo Messina a raccontare al giudice Borsellino di questo avvocato, rappresentante ufficiale sia della Enna legale e criminale. Bevilacqua è stato componente del direttivo della Democrazia Cristiana e al vertice di cosa nostra ennese grazie ad eccellenti raccomandazioni. In un pizzino tra Bernardo Provenzano ed Antonio Giuffre’, sequestrato al momento dell’arresto di quest’ultimo, dal quale si evince che su sollecitazione dello stesso Giuffre’, il Provenzano aveva autorizzato l’investitura del Bevilacqua nel ruolo di rappresentante provinciale: “ho avuto notizie che è una brava persona; lo sto comunicando”. La risposta di Provenzano giunge qualche tempo dopo in un altro “pizzino” dattiloscritto redatto dal Provenzano stesso e diretto al Giuffrè: “tempo fa mi hai parlato dell’avvocato Bevilacqua, non ricordo bene il perché me ne hai parlato. Ho avuto notizie che è una brava persona e te lo sto comunicando”. Bevilacqua è stato, inoltre, condannato all’ergastolo per l’omicidio dell’imprenditore Domenico Calcagno nel 2003. Dalla data del suo arresto fino al 10 febbraio del 2016 è stato ristretto al 41 bis, declassificato dal carcere duro e dall’Alta Sicurezza, il 1 dicembre del 2017, arriva al regime dinamico di Media Sicurezza per detenuti di bassa pericolosità, nel carcere di Rebibbia, tanto bravo, da essere ammesso a partecipare anche ad un corso. Ma è proprio dal reparto dei comuni che “don Raffaele” continuava a mantenere i rapporti con l’esterno tramite il suo legale la figlia, Maria Concetta Bevilacqua. A Maggio 2018 viene scarcerato torna a casa con il braccialetto elettronico: deve essere operato d’urgenza, così stabilisce la perizia medica.
Il 1 luglio del 2020 l’indagine dei carabinieri del Ros di Caltanissetta fa crollare il castello di falsità dell’anziano boss colpendo il suo clan e portando in carcere i suoi figli. Il “caso Bevilacqua” non fa notizia che sui media siciliani. Eppure il suo è l’ennesimo caso di un boss che esce dal carcere grazie a patologie che si rivelano solo delle strategie per riprendere il potere sul territorio. Ed è sorprendente leggere le considerazioni del perito del Tribunale dì Sorveglianza di Roma avesse concluso con “giudizio dì incompatibilità delle condizioni di salute del detenuto con regime penitenziario tenuto conto del frequente riacutizzarsi della problematica respiratoria“.
Quando nel contempo come emerge dalle indagini della procura di Caltanissetta, i familiari del boss ennese si preoccupavano di portare la fornitura, cospicua, di sigarette a casa. Dalle indagini è emerso che il carisma ed il rispetto di cui godeva Raffaele Bevilacqua siano rimasti intatti nonostante il tempo trascorso in carcere; significativo il bacio d’onore dall’anziano Alessandro Salvaggio che, rivedendo il suo capo famiglia dopo più di 15 anni, gli baciava le mani in segno di immutato rispetto. Vediamo che, appena uscito dal carcere di Rebibbia nel maggio del 2018 una delle priorità del Padrino non è stata di correre all’ ospedale per farsi operare ma, quella di partecipare al matrimonio del figlio Alberto fissato per il 19 luglio del 2018. A svelare la data del matrimonio è il sindaco di Barrafranca in una recente intervista ad ENNA ORA in http://www.ennaora.it/2020/08/21/barrafranca-intervista-sindaco-fabioaccardi-indagato/. Il sindaco Fabio Accardi racconta del matrimonio del figlio di Bevilacqua: “Si, ci tengo a sottolineare che più volte ho rappresentato l’inopportunità di porre soggetti al 41 bis agli arresti domiciliari. L’ho fatto anche in Prefettura, per rappresentare la preoccupazione che un soggetto al 41 bis e soggetti come Bevilacqua potessero essere posti agli arresti domiciliari. Lo Stato non lo dovrebbe permettere. Ricordo inoltre che rappresentai, facendolo presente anche ai carabinieri, la strana partecipazione di Bevilacqua al matrimonio del figlio, il 19 luglio 2018. Quel giorno lui fu autorizzato a partecipare”.
Il sindaco è indignato per la concessione dei domiciliari al padrino, mentre sembra dimenticare che ha “permesso” di far sposare il figlio Alberto il giorno dell’anniversario della morte del giudice Borsellino e della sua scorta.. A Barrafranca nessuno aveva organizzato una manifestazione per la ricorrenza della strage di via D’Amelio? Nessuno dell’Antimafia e dell’opposizione si è indignato? Don Raffaele è un boss a cui è stata tolta la toga e probabilmente il figlio Alberto non ha scelto quella data a caso. La vendetta è uno dei valori guida del comportamento mafioso. E come diceva il giudice Falcone: Entrare a far parte della mafia equivale a convertirsi a una religione. Non si cessa mai di essere preti. Né mafiosi”.