Parlare della condizione dei bambini di tutto il mondo è difficile, complesso, non solo a causa del Covid-19, ma perché alla pandemia si aggiungono tante problematiche già preesistenti. Ma è importante farlo.
Dopo aver tenuto corsi, lezioni, interventi e discorsi in tante città italiane e nel mondo, grazie alla sua attività giornalistica e professionale, il portavoce dell’Unicef Italia Andrea Iacomini sabato sera romperà un altro muro: quello della sua riservatezza.
Sabato sera, dunque, andrà in scena per raccontare i diritti dei bambini e delle bambine che ha conosciuto e ha incontrato nella sua vita grazie al suo lavoro e alla sua passione.
Lo farà con un monologo nel quale ripercorrerà le emozioni vissute nei territori dimenticati della Terra.
«La mossa di Tetsuya» è il titolo scelto per la serata e per lo spettacolo che andrà in scena sabato 19 settembre alle 20, presso il Teatro Romano di Ostia Antica (che lo promuove in collaborazione con «Europa in Canto»).
Uno spettacolo, rileva Iacomini, ideato «per raccontare il dolore dell’indifferenza, della discriminazione, delle violenze che si riversano sulle fasce più deboli delle popolazioni, le più vulnerabili: bambine e bambini, neonate e neonati, troppo spesso privati di ogni forma giustizia e diritto».
Lo scorso anno «ogni giorno, sono morti 14.000 bambini sotto i 5 anni e ogni 13 secondi un neonato ha perso la vita – ricorda Iacomini nell’editoriale che apre la prima pagina del Settimanale delle chiese battiste, metodiste e valdesi Riforma di questa settimana –. L’interruzione di molti servizi sanitari a causa della pandemia di Covid-19 rischia ora nel mondo di compromettere le vite di un numero ancor maggiore di bambini, vanificando gli sforzi fatti sin ora».
Musiche originali suonate dal vivo e immagini raccolte dal giornalista accompagneranno il pubblico in un viaggio di sofferenze, certo, ma anche di speranze per ciò che è stato fatto e che sarebbe ancora possibile fare.
«Pochi giorni fa – rileva Iacomini su Riforma – al Campo di Moria, a Lesbo in Grecia, è scoppiato un incendio che ha ulteriormente messo a repentaglio le vite dei bambini e dei giovani ospitati lì. A Moria sono presenti oltre 4.000 bambini, in particolare 407 minorenni non accompagnati e estremamente vulnerabili. Con i nostri partner abbiamo trasformato il centro dell’Unicef Tapuat, per il sostegno ai bambini e alle famiglie – che si trova vicino al campo – in un rifugio d’emergenza che può ospitare temporaneamente le persone più vulnerabili. Attualmente più di 150 bambini non accompagnati sono ospitati a Tapuat» perché il dramma dei bambini di Moria «non è altro che la conseguenza di fughe da povertà, violenze e guerra, a cui si è poi aggiunto il virus Covid-19».
Dopo le storie di Aylan e Malala, Iacomini racconterà altre storie, quelle dei bambini della Sierra Leone; di bambini che vivono nei campi profughi siriani; di bambine vittime della prostituzione e di Tratta in Asia: una tragedia fatta di violenze, di abusi, di degenerazione umana e dove molti italiani (padri di figlie e di figli), purtroppo, sono spesso i protagonisti e carnefici.
«Non dimenticheremo sabato sera anche gli innocenti morti in mare – prosegue Iacomini –, partiti dalle loro terre per sfuggire alle guerre e alle carestie».
Essere bambini oggi non è facile per chi è costretto a vivere in luoghi di guerra, ma non è facile neanche per chi vive in Nazioni avanzate.
«Viviamo in un mondo sempre più complesso – prosegue il portavoce Unicef –, dove non si può scegliere dove nascere. È la casualità a farlo; a farti nascere in Libia, in Yemen, oppure in Svizzera o in Italia».
Yemen, un’area geografica ormai devastata da 5 anni di rovinoso conflitto e che «entro la fine dell’anno vedrà il numero di bambini malnutriti raggiungere i 2,4 milioni, con un aumento del 20%, mentre altri 6.600 bambini sotto i cinque anni potrebbero morire per cause prevenibili con un aumento del 28%; mentre i bambini della Siria, paese che ormai vede la sua crisi umanitaria durare da oltre 10 anni e dove sono nati quasi 6 milioni di bambini che non conoscono altro che guerra e sfollamento».
Già, perché, ricorda infine Iacomini, «in Siria, in media, è stato ucciso un bambino ogni 10 ore e più di 2,5 milioni di bambini sono stati sradicati dalle loro terre e costretti a fuggire nei Paesi vicini, in cerca di sicurezza».
Eppure, nessuno può sentirsi esente dalle responsabilità.
«Ad essere a rischio – ricorda ancora Iacomini su Riforma – non sono solo i bambini più lontani. Secondo l’ultima Report Card 16 (lo studio annuale realizzato dal Centro di Ricerca Innocenti dell’Unicef, ndr) suicidi, infelicità, obesità e scarse capacità in campo sociale e accademico sono diventate caratteristiche fin troppo comuni fra i bambini nei paesi ad alto reddito. Nella maggior parte dei paesi ricchi, meno di 4 bambini su 5 si ritengono soddisfatti della loro vita. Il suicidio è una delle cause principali di morte fra i bambini e i ragazzi di 15-19 anni. Circa 1 bambino su 3 in tutti i paesi esaminati è o obeso o sovrappeso. In più di un quarto dei paesi ricchi la mortalità dei bambini è ancora sopra 1 ogni 1.000. L’Italia risulta 19esima su 38 paesi in tema di benessere dei bambini e 34esima su 41 paesi per le politiche e le condizioni che generano benessere».
Iacomini, sabato sera, dedicherà il suo monologo agli invisibili, agli ultimi, all’infanzia violata, ponendo un forte accento alla condizione delle bambine e dei bambine che nel mondo devono affrontare anche l’epoca del Covid-19.
«Il filo conduttore di tutta la serata sarà un desiderio: tenere acceso il fuoco della speranza – conclude Iacomini –. Quella fiamma necessaria per poter illuminare le storie di tante e tanti bambini dimenticati nel mondo e dal mondo; così come sono dimenticate, e spesso oscurate, le periferie che questo modo lo circondano e lo animano».