Un mese fa Mario Draghi dichiarava che per affrontare la crisi legata alla pandemia da coronavirus “il pragmatismo è necessario (…) l’emergenza e i provvedimenti da essa giustificati non dureranno per sempre. Ora è il momento della saggezza nella scelta del futuro che vogliamo costruire”.
E allora, fuori dalla retorica, vorrei mi si rispondesse: quando si farà un vero piano strutturato su edilizia scolastica con step e tempi misurabili in una decade? Quale politico invece di fare mille interviste sta incardinando il procedimento per inserire il voto elettronico e non utilizzare più le scuole come seggi? Come si sta attuando il piano nazionale della scuola digitale già varato nel 2015 con la legge n.107 che prevede 35 azioni da finanziare con fondi sociali europei (2014-2020)? Perché questo ritardo nei decreti attuativi? Tranne poche best practice al Nord, quali sono le azioni per la didattica delle competenze e per spingere le ragazze a specializzarsi nelle discipline scientifiche, la cosiddetta Stem, in tutta Italia?
Basti pensare che lauree come quelle in Ingegneria e nelle discipline informatiche (su tutte quella in Sicurezza informatica) sono nel nostro Paese tra le lauree che fanno trovare prima lavoro e con guadagni più alti, secondo quando suggerisce l’indagine annuale AlmaLaurea.
In Finlandia lo studente ha diritto a ogni tipo di agevolazione, dalla mensa gratis alle visite mediche, una delle quali è obbligatoria almeno una volta l’anno, in modo da monitorarne il benessere fisico. Le attrezzature all’avanguardia, le aule completamente digitalizzate, e il tablet in dotazione a ogni studente permettono di utilizzare quotidianamente la tecnologia nel processo di apprendimento. In questo viene data grande importanza allo sviluppo delle capacità autonome e al senso di responsabilità che deve dimostrare l’alunno nell’approcciarsi agli strumenti messi a disposizione.
La scuola finlandese prepara cittadini più consapevoli e futuri lavoratori in grado di collocarsi positivamente sul mercato.
Non bisogna inventare nulla, però bisogna crederci: anche in Italia con le azioni e le decisioni si può migliorare. Altre domande: a quando una riforma radicale del sistema formativo? Quante scuole hanno la cablatura e permettono di avere laboratori informatici negli istituti professionali? Quali le azioni per l’apprendimento pratico dell’informatica agli insegnanti? La prima risposta provo a darla da sola: non vi sono abbastanza fondi; allora perché non si rilancia lo school bonus?
Si tratta di uno strumento che non ha mai decollato, nonostante le potenzialità e il bisogno: il 12,7% di tutte le scuole italiane ha più di 70 anni In Italia d’altronde l’istruzione non figura tra le principali cause che attraggono i donatori, diversamente dagli USA (dove l’educazione raccoglie il 14% dei consensi).
Al contrario l’Art Bonus continua a crescere. Ma i tempi e le necessità sono cambiati. Secondo l’Osservatorio Competenze Digitali, l’anno scorso sarebbero serviti 15 mila laureati nelle TLC in più.
Penso sia ora di introdurre una disciplina che permetta ai nostri ragazzi di disporre, in maniera sistematica, di competenze digitali utili per il lavoro e la vita quotidiana.
Si dovrà studiare il riconoscimento delle fonti accreditate per un’informazione accurata online, l’utilizzo dei big data e del machine-learning alle nuove tecnologie adatte a uno sviluppo sostenibile. Non saranno vezzi, per i professionisti di domani, ma competenze fondamentali per ottenere lavoro e per svolgerlo con più soddisfazione retributiva. Le competenze tecnologiche dei cittadini vanno di pari passo con il progresso e l’economia del Paese.
Nel libro di Alario e Caroppo “Didattica di emergenza e riapertura” ricordo “la voce” di A. Marù: “se i ragazzi sentissero l’appartenenza e l’orgoglio per la loro scuola, se riuscissimo a trasmettere l’entusiasmo per lo studio quale strumento di libertà, se riuscissimo a trascinarli dentro la passione per la conoscenza, avremmo fatto della scuola un luogo del cuore”.
Fonte: Huffington Post