Si chiama Nicola Russo, è consigliere della Corte d’Appello di Napoli e non è stato mai accusato né condannato per corruzione in atti giudiziari. Ciò nonostante da anni, l’ultima volta poche ore fa, la sua foto compare accanto alle notizie che riguardano un omonimo, un magistrato della Giustizia amministrativa accusato e poi condannato per sentenze di favore e corruzione. Tutta colpa di quel nome ma non solo. Dietro gli errori commessi da varie testate, e da ultimo da un’agenzia di stampa, c’è dell’altro che lo stesso consigliere riassume nel concetto di “eccessiva velocità dell’informazione”. Lui ha chiesto rettifiche, ha avviato azioni legali, ha sperato nelle correzioni, ma adesso sa che ci vuole qualcosa di diverso, una presa di coscienza che riguarda quel certo modo recente di fare informazione.
E così è un giudice a costringere la categoria dei giornalisti a guardare dentro lo spaventoso calderone della cronaca “mordi e fuggi” e a vedere cosa sta succedendo laggiù.
La fretta di masticare notizie velocemente e buttarle nella rete, poi sui siti, in tv, sui giornali ha prodotto anche di peggio che la confusione del nome di due giudici (che è già piuttosto grave). In fondo la fretta e la superficialità hanno lasciato che le fake news si insinuassero nel tessuto connettivo della comunicazione e da lì seminassero quell’odio pervicace e quelle descriminazioni che ora fanno vittime vere del razzismo e della misoginia, esseri umani che cadono sul campo dell’odio ma anche della superficialità. Ne abbiamo parlato con lo stesso Russo che guarda la sua e le altre vicende con gli occhi del giudice e del lettore, arrivando a conclusioni assai simili.
Ripercorriamo la sua biografia consigliere? Lei è un giudice e si chiama Nicola Russo. Poi?
“Sono in magistratura dal 1997, oggi sono consigliere presso la Corte d’Appello di Napoli e ho svolto tutti i ruoli del penale, giudice di Tribunale, gip; mi sono occupato di traffico internazionale di droga, per un certo periodo sono stato consulente della Commissione parlamentare antimafia, ho svolto missioni all’estero specie in sud America e, lo voglio sottolineare, non ho mai commesso reati. Sarò più preciso: non mi sono mai stati contestati reati. Vieppiù fa male vedere la mia foto associata all’elenco dei reati che, sulla base di ricostruzioni giornalistiche a loro volta basate su atti giudiziari, vengono invece attribuiti ad un ex magistrato amministrativo che porta il mio stesso nome e cognome”.
Quante volte c’è stata questa “associazione” sbagliata tra nome e fatti contestati?
Fino a ieri era successo due volte su Il Fatto Quotidiano e due su La 7, ho sempre chiesto la rettifica che mi è stata fatta in maniera appena percettibile, ma va bene lo stesso. Poi ieri è stata inviata un’agenzia e da lì il diluvio su tutti i giornali che hanno messo la mia foto nel contesto della cronaca giudiziaria dell’ex magistrato Nicola Russo. Ora, io comprendo che nell’attuale assetto dell’informazione la tempestività è importante ma questo non deve e non può far venire meno le regole basilari circa la verifica della notizia, operazione che peraltro nel caso di specie richiede pochissimo tempo.
Sta dicendo ai giornalisti italiani che devono rallentare?
“Non mi permetto di dare indicazioni, dico soltanto che la velocità va gestita nell’informazione come in qualunque altra attività. Ma scusi: se io vado a 300 all’ora e non gestisco la velocità finisco contro un muro e mi ammazzo o ammazzo altre persone. Guardi, vale anche per la giustizia, che pure ha un grosso problema di lentezza. Però la velocità non equivale a perfezione, infatti si parla di giusta durata del processo non di processo veloce”.
Se non sei veloce, non sei sul pezzo, perdi lettori o contatti, questo non può essere sottovalutato.
“Io penso, anche alla luce di quello che mi sta accadendo, che la velocità nell’informazione non può cancellare l’approfondimento dell’informazione, insomma è come nelle ricette, approfondire quanto basta per evitare danni gravissimi alle persone, come nel mio caso. Ma succede anche di peggio con le fake news e gli insulti nella rete. Bisogna dare spazio alle domande ma bisogna altresì dare il tempo per le risposte. Invece ultimamente si assiste ad una gara insensata a chi interviene per primo, anche in politica è così. Si cerca di parlare per fare un commento piuttosto che vedere come si sta commentando, qual è il contenuto”
Come ne usciamo?
“Assumendoci delle responsabilità come sempre quando sono in ballo questioni delicate, importanti. La responsabilità di coloro che si occupano di servizi molto delicati che toccano la dignità e la biografia delle persone debbono tener presente che non si può travolgere tutto nel nome della velocità, direi della fretta”.
(In foto Nicola Russo, il consigliere della Corte d’Appello di Napoli “confuso” con un ex magistrato omonimo condannato per corruzione)