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Iran, gravissime le condizioni dell’avvocata Nasrin Sotoudeh

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L’avvocata per i diritti umani Nasrin Sotoudeh é grave.

Suo marito Reza Khandan attraverso i canali social ha informato sabato 18 settembre, che le condizioni di sua moglie sono molto gravi. Nasrin é stata trasferita dalla prigione di Evin al Taleghani Hospital di Tehran e subito dopo trasportata in terapia intensiva per insufficienza cardiaca.

L’avvocata é in sciopero della fame dallo scorso 11 agosto per protesta contro il mancato rilascio dei prigionieri politici, che si trovano nelle carceri iraniane senza alcuna protezione al Covid19.

Per Articolo 21 abbiamo contattato Reza Khandan il marito di Nasrin che ci ha esternato le sue forti preoccupazioni sulle condizioni di sua moglie. “Nasrin é molto debole – ci ha detto e la sua salute sta peggiorando ogni giorno”.

Nasrin Sotoudeh insignita del premio Sacharov dal Parlamento Europeo nel 2012, venne arrestata nel 2018 e condannata nel 2019 ad un totale di 38 anni e mezzo di prigione e 148 frustate per il suo pacifico lavoro in favore dei diritti umani, inclusa la difesa delle donne che protestano contro l’obbligo di indossare il velo islamico in Iran.

Giá ad Agosto le sue condizioni di salute si erano aggravate ed era stata portata nella clinica della prigione.

La situazione della diffusione del Covid19 all’interno delle carceri iraniane é estremamente complessa.

La Boroumand Foundation, con sede a Washington, che documenta le violazioni dei diritti umani in Iran, ha dichiarato in un rapporto del 2 settembre scorso che “il COVID-19 é molto diffuso nelle carceri iraniane in cui il sovraffollamento rende difficile il distanziamento sociale”.

Secondo i dati ufficiali in Iran, la pandemia ha ucciso più di 22.000 persone e ne ha infettate oltre 380.000. Alcune ricerche hanno mostrato che questi numeri non sono tuttavia quelli effettivi, poiché le autoritá iraniane hanno voluto tenere nascosti i dati reali.

Lo scorso marzo in piena pandemia l’Iran ha rilasciato temporaneamente 85.000 detenuti dopo che si erano riscontrati disordini all’interno delle carceri, per la paura di diffusione del virus, ma non ha concesso lo stesso permesso ai prigionieri politici.

In questi mesi le condizioni di alcuni detenuti rimasti all’interno del carcere sono deteriorate.

Il portavoce della magistratura Gholamhossein Esmaili, aveva giá allora dichiarato che erano stati liberati solo coloro che stavano scontando condanne a meno di cinque anni, mentre i prigionieri politici e quelli accusati di condanne più pesanti, legate alla partecipazione di proteste antigovernative, sarebbero rimasti in prigione.

Secondo le autoritá i prigionieri non rilasciati temporaneamente sarebbero quei prigionieri politici considerati “terroristi” e “spie straniere” e per questo definiti dallo stesso Esmaili “criminali contro la sicurezza” .

In una delle telefonata dal carcere con suo marito Reza, Nasrin aveva espresso rammarico per la morte dell’avvocata Ebru Timtik ed aveva inviato le sue condoglianze alla famiglia.

Ebru era una collega turca di Nasrin ed è morta il 27 agosto 2020 nell’ospedale militare presso cui era stata trasferita dal carcere di Silviri, in Turchia, dove era detenuta dal settembre 2017. È deceduta dopo 238 giorni di sciopero della fame, che aveva deciso di iniziare proprio per protestare contro le deteriorate condizioni della giustizia turca.

L’avvocata Timtik, unitamente ad altri 18 colleghi appartenenti a diverse associazioni progressiste e di sinistra attive nella difesa di casi politicamente sensibili, venne arrestata con l’accusa di collaborazione e asseriti legami con il Fronte Rivoluzionario della liberazione popolare (DHKP/C), gruppo di estrema sinistra considerato organizzazione terroristica dal governo turco, dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti.

Ma a quanto risulta Ebru Timtik era responsabile solo di aver svolto con lealtà e diligenza la sua professione legale, assumendo la difesa di chiunque ne avesse bisogno.

Aveva difeso la famiglia di Berkin Elvan, un adolescente morto nel 2014 per le ferite riportate durante la repressione delle proteste di Gezi Park di un anno prima. Si era occupata dal 2008 dell’omicidio per tortura dell’attivista per i diritti umani Engin Çeber e del disastro minerario di Soma che il 13 maggio 2014 causò la morte di 301 minatori.

Dopo un processo definito farsa dagli osservatori, con testimoni reticenti e contraddittori e la sostituzione immediata dei magistrati che si erano dichiarati favorevoli al suo rilascio, l’avvocata venne condannata a 13 anni e 6 mesi di carcere.

Nel gennaio del 2020 Ebru Timtik e Aytaç Ünsal, altro suo collega condannato a 10 anni e sei mesi, avevano iniziato uno sciopero della fame per reclamare il diritto ad un processo equo e per protestare contro l’attuale sistema della giustizia turca, che motli avvocati lamentano essere contaminata da continui controlli e supervisioni politiche.

Gli amici che sono riusciti a vederla hanno riferito che Ebru Timtik pesava solo 30 chilogrammi al momento della morte.

Il giorno dei suoi funerali, mentre la bara coperta dalla sua toga e dai garofani rossi transitava per la strada verso il cimitero, la polizia turca ha sequestrato il feretro ed impedito la sua sepoltura pubblica, dissipando con numerose raffiche di gas lacrimogeni la folla che si era radunata per salutarla l’ultima volta.

Per salvare la vita di Nasrin siamo ancora in tempo.

In queste ultime settimane moltissime associazioni per i diritti, alle quali ci uniamo, noti gruppi di avvocati, politici e esponenti di spicco nel mondo della cultura, dello spettacolo e della politica, hanno chiesto il rilascio immediato e le cure mediche adeguate per l’avvocata iraniana.

Augurandoci, che almeno questa volta, le autoritá della Repubblica Islamica ascoltino la nostra voce.


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