Può capitare che una domenica di settembre ti svegli con una notifica più fastidiosa delle altre: non è una di quelle con cui ti hanno inserito (senza chiedertelo) nell’ennesimo gruppo Whatsapp, né una di quelle con cui qualche venditore di sogni, che a volte si mascherano da cura dimagrante, ti ha taggato su Facebook. E non è una domenica qualunque. È una domenica di settembre, una di quelle in cui avevi programmato di andare al mare, perché, chi sa, potrebbe essere l’ultimo bagno della stagione. Ma la notifica è lì ed è chiara, sebbene tu non sia ancora completamente sveglia, e dopo il caffè non cambia. È una notifica di Immuni, la app gratuita promossa dal Ministero della Salute per aiutare il monitoraggio e l’epidemia di Covid-19 attraverso il tracciamento dei contatti. Quell’applicazione che secondo i dati riferiti proprio stamattina da Il Post è stata al momento scaricata da 5.570.799 italiani, il 9,9% della popolazione: una percentuale piuttosto bassa che tuttavia ha consentito finora di avvisare quasi duemila persone entrate in contatto con persone positive al Coronavirus.La notifica apparsa sul mio smartphone domenica 6 settembre mi comunicava quanto segue: “Immuni ha rilevato che il giorno 26/08/20 sei stato vicino a un utente COVID-19 positivo.”
Il 26 agosto, cioè una vita fa, la scorsa estate: ripercorro la giornata e concludo che quel giorno non ho frequentato luoghi particolarmente affollati né partecipato a incontri numerosi. In agenda ritrovo una visita medica, una riunione con altre tre persone in uno spazio aperto, anche con i miei familiari non ci siamo visti quasi per niente, vuoi vedere che quella puntata sul Molo Audace all’ora del tramonto…
È domenica e non posso contattare il mio medico di base, chiamo ASUGI, l’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina: l’operatore mi dice che mi farà richiamare dal medico competente. Considerandomi già in isolamento obbligatorio in cuor mio mi dico: “Speriamo non si dimentichino di me”. Pochi minuti dopo mi richiamano: spiego l’accaduto, confermo che sto bene, che non ho alcun sintomo, che nei giorni scorsi ho più volte misurato la temperatura per accedere in vari luoghi ed era sempre regolare; il medico constata che sono passati parecchi giorni ma mi informa che le procedure prevedono che entro 48 ore devo essere sottoposta a tampone e che il giorno successivo mi avrebbero richiamato per fissarmi l’appuntamento.Saltato il mare e ogni altro impegno che contempli di mettere il naso all’esterno (ad eccezione del terrazzo di casa), avverto le persone con cui ero stata in contatto quel giorno e continuo a sperare che non si dimentichino di me, considerando che se la notifica arrivava in un giorno feriale era meglio, se poi non arrivava proprio era il massimo. Intanto faccio la lista di tutte le persone incontrate nei giorni successivi e penso che, se dovessi risultare positiva, farei prima a fare un’inserzione a pagamento sul Piccolo e sul Primorski (i due quotidiani triestini, ndr).
La mattina dopo alle 9.20 mi telefona una gentilissima operatrice di Asugi, che mi fissa il tampone tre ore dopo, alle 12.30 nel Parco di San Giovanni (anche questa è un’ottima scusa per immergersi nella bellezza di quel luogo).
Fatto il tampone la sentenza è la seguente: “Se entro 48 ore non ci sente, significa che il tampone è negativo ed è libera; altrimenti la avvertiamo”. Fine pena: mercoledì alle 12.30. In fondo si tratta di un sacrificio di poco più di 50 ore per il bene proprio e per la salute collettiva, che vale molto di più di una giornata al mare o di un impegno professionale, e sono certa che non serva ripensare all’inizio della primavera 2020, ai drammatici bollettini della Protezione Civile, ai carri armati dell’Esercito che attraversavano Bergamo per convincersene. Ma per fortuna c’è lo SPID (il Sistema Pubblico d’Identità Digitale, ndr) e dalle 11.10 di martedì il mio risultato (negativo!) è disponibile nel mio Fascicolo Sanitario Elettronico (io in realtà lo vedo più tardi perché impegnata in alcune videoconferenze che mi avrebbero comunque tenuto inchiodata al computer di casa).
Scaricate, Immuni, gente e rendete grazie per il nostro Sistema Sanitario Nazionale! Ora che i contagi sono ripartiti è più che mai importante tracciarli per isolare i focolai, ma servirebbero almeno altri 15 milioni di italiani disposti a crederci e a scaricarla. Su, forza, cos’aspettate? È gratis, è sicura, funziona, ha preso 10 in tutte le categorie. Ok, sul nome ci si poteva applicare un po’ di più, ma non è colpa sua; anche sulla prima grafica, ma evidentemente avrà respirato l’aria sessista tipicamente italiana. Ma sono solo alibi: è tempo che ognuno e ognuna di noi faccia la sua parte, altrimenti #andratuttobene sarà solo un’altra delle tante promesse mancate.