BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Il Gioiello della Corona, di Paul Mark Scott

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The Jewel in the Crown (Il Gioiello della Corona)  del 1966, di Paul Scott (1920 – 1977), già vincitore del Booker Prize nel 1977 con il romanzo “Staying on”, torna nelle librerie, a partire dal 17 settembre, con Fazi Editore (584pp, 20 euro).

Il romanzo è il primo dei quattro libri della nota tetralogia “The Ray Quartet”, definita all’epoca: il “Guerra e Pace” anglo-indiano, che tanta notorietà attribuirono all’autore, anche a seguito della sua trasposizione in una serie televisiva sulla rete britannica BBC nel 1984.

Il romanzo rappresenta un impareggiabile affresco storico, di grande impatto, degli ultimi giorni del Raj britannico in India durante la seconda guerra mondiale, nel 1942, allorquando gli inglesi temevano sia l’invasione giapponese sia il moto indipendentista in atto nel paese asiatico.

Nessuno dei romanzi successivi ha saputo ricreare cosi sapientemente gli ultimi giorni dell’India sotto il dominio britannico: “due nazioni intrecciate tra loro dall’abbraccio imperiale”.

Il pregio dell’opera è consistito nell’aver fornito al lettore il punto di vista britannico, quello degli imperialisti, per intenderci, e di averlo fatto con grazia, senza, tuttavia, falsi infingimenti o buonismi e sottoponendone a severa critica l’atteggiamento. Nessuno come Scott è stato in grado di catturare la psicologia, le debolezze, l’ingenuità e anche la crudeltà dell’impero nella sua politica colonialista in India.

La struttura narrativa è alquanto complessa: interviste ai personaggi, resoconti e ricerche dal punto di vista del narratore, lettere da un personaggio all’altro o voci di diari, le quali danno vita ad un romanzo di altissimo valore, sebbene dalla lettura non sempre agevole anche a causa della sua lunghezza.

La trama del romanzo ruota intorno ad un evento delittuoso, lo stupro di una giovane donna inglese, Daphne Menners, da parte di un gruppo di rivoltosi in un parco pubblico, i giardini di Bibighar, nella città (immaginaria) di Mayahore, nell’India britannica, al termine di un incontro appassionato con il bellissimo Hari Kumar, un giovane indiano colto, nato e cresciuto come lei in Inghilterra, la cui relazione doveva essere mantenuta segreta.

Lo stupro offrirà al sovraintendente inglese della polizia locale Ronald Merrick l’occasione per stringere il pugno di ferro sulla popolazione locale, a partire dall’istitutrice Miss Crane, da sempre vicina alla causa indiana, incapace di fronteggiare la violenza dilagante nel Paese sotto la spinta indipendentista.

In particolare, la violenza subita  dalla giovane Daphne offrirà a Scott l’occasione per indagare ed esplorare le questioni di razza, di classe e di genere presenti nella società inglese e indiana, ma questo è soltanto uno dei tanti filoni narrativi dell’opera, i quali, tutti insieme danno un affresco compiuto ed esaustivo del sub-continente indiano di quel periodo.

Amori, segreti, rivolte e complotti fanno cosi da sfondo a questo impareggiabile affresco storico di un periodo in cui il razzismo, l’ingiustizia sociale, rappresentavano una quotidianità ineludibile, anche a ragione della forte crisi politica e identitaria di due Paesi, cosi diversi tra loro, i cui destini si erano trovati ad essere indissolubilmente legati per quasi un secolo.

Ma è forse il personaggio di Merrick, che più di ogni altro caratterizza l’impianto dell’opera, quello che descrive meglio l’atteggiamento britannico in India in quegli anni e la psicologia che lo supporta. Un ufficiale, un uomo, a cui manca completamente quell’istinto liberale cosi caro agli storici, appartenente alla classe medio-bassa, con una forte acredine verso la classe privilegiata della “scuola pubblica” inglese e dall’atteggiamento sprezzante verso gli indiani.

Una politica, quella britannica, che, lungi dal perseguire una missione civilizzatrice, aveva dato vita ad un’opera di sfruttamento, imponendo divisione e tensioni tra indù e musulmani: “divide et impera”.

Hilary Spurling, biografa di Scott, ebbe a dichiarare di essere cosi sconcertata e inorridita dell’arrogante compiacenza inglese in India che avrebbe trascorso la vita adulta nel tentativo di svalutarne le implicazioni.


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