Il progetto Journalists-in-Residence Milano (JiR Milan), gestito da Q Code Magazine, offre una tregua, un contesto amico e possibilità di arricchimento professionale a chiunque stia subendo minacce o pressioni per via del proprio lavoro. Ce lo spiega il condirettore di Q Code Christian Elia
Tra i fondatori di Q Code Magazine, progetto editoriale collettivo che predilige la forma del giornalismo narrativo, del reportage, della multimedialità, Christian Elia vive di persona i problemi dei freelance, lavoratori senza contratto che spesso affrontano, a proprie spese, inchieste che poi i grandi giornali finiscono per pubblicare. Ma i rischi, le spese, le incognite, e il clima pesante che accompagna il lavoro di inchiesta, tutto resta sulle spalle del freelance.
Certamente i freelance sono ormai una parte importante dell’informazione in Italia, investono di persona in quelle inchieste che invece i giornali, in crisi economica, non fanno più fare ai loro dipendenti. Ma che poi alla fine acquistano per la pubblicazione. Ma poter lavorare con una certa serenità su temi complicati come ad esempio il caporalato o il traffico di rifiuti tossici, è molto diverso dal dover affrontare da soli tutto il peso del lungo periodo di inchiesta.
Conoscere da vicino i problemi è il primo modo per poter elaborare delle soluzioni e trovare dei modi per risolverli. E qui il plurale è d’obbligo, visto che non esiste un’unica soluzione ma ci sono tanti diversi strumenti per poter intervenire.
Infatti. Al netto di mettere in sicurezza la persona dal punto di vista della vulnerabilità fisica, cosa sicuramente prioritaria, si rischia di perdere per strada tutta una serie di valori fondamentali che riguardano il lavoro di questa persona: quello che ha portato questa persona ad essere in pericolo è il fatto di essere un bravo giornalista, una persona che fa bene il suo lavoro. Questo l’ho imparato alla Maison des Journalistes a Parigi, una struttura gestita da Reporters sans Frontières dove sono stato una decina di anni fa. Qui si fa sostegno al giornalista cercando di sostenere innanzitutto il suo lavoro, ed è quello che vogliamo fare anche noi tramite il programma JiR Milan in collaborazione con OBCT e ECPMF nell’ambito del progetto Media Freedom Rapid Response. Si tratta di fornire innanzitutto la consapevolezza che non sei da solo, che esiste qualcuno che ti può aiutare, e che c’è una exit strategy dalle pressioni e dai rischi che stai subendo. E per questo non devi continuare a scappare, ma puoi fermarti da qualche parte e continuare a fare il giornalista.
Questo approccio sembra voler allargare il sostegno al giornalismo più che limitarsi a proteggere il singolo giornalista.
Certo. Un’altra cosa che ho ritrovato durante la mia esperienza a Parigi è che c’è bisogno di restituire alla società civile l’idea forse più bella e più pura che sta alla base del giornalismo, cioè l’idea di essere al servizio di un’unica vera linea editoriale che è quella dell’opinione pubblica intesa come interesse collettivo. La perdita di questo valore civico del mestiere giornalistico ha creato un vuoto di considerazione, di stima da parte dei lettori. E questo è grave, perché il primo difensore dei giornalisti sono i lettori, sono loro che possono difenderti dalle pressioni dell’editore, dalle pressioni commerciali degli inserzionisti, e persino dalle pressioni e dalle minacce fisiche.
Di qui nasce anche Q Code Magazine, associazione culturale e collettivo di giornalisti e di operatori dei media, e di qui nasce il nostro bisogno di fare qualcosa, per fare massa critica, e non lasciare soli i colleghi. Così abbiamo pensato a come portare questo progetto parigino in Italia, e l’occasione della collaborazione con OBCT e l’MFRR ci ha offerto una possibilità concreta.
Fino a metà settembre gli operatori dei media attivi in Italia possono candidarsi per una residenza di tre-quattro mesi a Milano. Chi avete in mente come candidato?
Noi abbiamo studiato la cosiddetta “ricollocazione temporanea” entrando in contatto con la rete IDD, In Difesa Di, un network di realtà della società civile che da anni lavora sulla protezione temporanea dei difensori dei diritti umani nel mondo. Per noi infatti il giornalista, o meglio l’operatore dell’informazione, è un difensore dei diritti umani: il suo lavoro permette infatti ai cittadini di essere informati, e questo è scritto nella Costituzione. Inizialmente pensavamo di accogliere giornalisti minacciati nei loro paesi di origine, ma poi la pandemia ha messo a rischio la mobilità transnazionale e per poter garantire che il programma si realizzi ci siamo dovuti limitare all’Italia. Ma questo limite arricchisce il progetto, visto che ci rivolgiamo a chiunque sia minacciato o sotto pressione per via del suo lavoro giornalistico, quindi anche blogger, freelance, non necessariamente iscritti all’Ordine, e non solo italiani.
Come ha recentemente detto in aula il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianluca Castaldi, rispondendo all’interpellanza urgente dell’onorevole Alessandra Ermellino, i giornalisti sotto scorta in Italia sono attualmente 21 e per altri 191 sono attivi protocolli di sorveglianza radiocontrollata. Come si differenzia il programma JiR Milan?
Le minacce e le pressioni che pensiamo di alleviare noi non sono certo quelle della criminalità organizzata, non ne abbiamo gli strumenti. Vogliamo essere estremamente chiari nel dire che il nostro programma non si va minimamente a sovrapporre agli altri strumenti che esistono e che sono importanti, quali le denunce penali, la protezione della polizia e della magistratura. Noi vogliamo collocarci ad un livello intermedio: una persona che sta subendo delle minacce e però è esclusa da un programma di protezione; o che magari viene intimidita da querele pretestuose; o che semplicemente ha bisogno di allontanarsi dalla propria zona, ma continuando a fare il proprio lavoro. Noi proviamo ad offrire la possibilità di continuare a fare il giornalista in un ambiente più sereno, con un piano di visibilità concordato, profilato sulle esigenze della singola persona. Non abbiamo uno standard, ma un pacchetto di proposte e alternative: si può decidere di staccare completamente per tre mesi, o magari andare nelle scuole a parlare con i ragazzi, o partecipare a un percorso di professionalizzazione per acquisire abilità tecniche sulla protezione online. Sarà un modo per tirare una boccata d’ossigeno, e per tornare poi a fare il proprio lavoro. Ecco, questo è il nostro approccio: sostenere il singolo giornalista per tutelare il giornalismo e il suo ruolo civile a servizio della collettività.
Il bando del programma di protezione per gli operatori dei media “Journalists-in-Residence Milan” (JiR Milan), lanciato nell’ambito del progetto Media Freedom Rapid Response (MFRR) è aperto sino al 15 settembre. Sul sito di Q Code Magazine tutti i dettagli sul programma JiR con le istruzioni per candidarsi.