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Caso Moria, forse qualcuno vuole cancellare il “problema” immigrazione con la cenere

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Il rogo del campo di Moria, nell’isola di Lesbo, è stato appiccato forse da chi voleva cancellare il problema con la cenere o dagli stessi migranti, per ricordare al mondo che tutti si sono dimenticati di loro. Ora migliaia di persone sono letteralmente in mezzo a una strada. E lì bivaccano in attesa di acqua, riso, latte per i bambini, posti dove lavarsi e defecare. I migranti via terra non usano neanche la cortesia di affogare come quelli lasciati in mare; rimangono vivi e chiedono di entrare in Europa per vivere.  Ma l’Europa non ha un piano, se non quello dell’ostruzionismo remunerato a turchi, greci e libici. Di progetti strutturali di prevenzione e gestione dell’immigrazione se ne parla da anni, ma solo per guadagnare tempo tra un’elezione e l’altra, per evitare di fornire ossigeno ai nazionalisti dei blocchi navali o dei fili spinati. E allora per chi scappa c’è solo il gesto estremo, il naufragio, l’incendio. O la vita o la morte. Mentre l’Europa evita di dotarsi di regole di distribuzione automatica, nell’illusione che i racconti di morte e torture riferiti dagli scampati respinti, funzionino da deterrente per fermare i flussi. Una scelta, questa, disumana e  miope. Ma ormai, la disumanità non fa più scalpore e si dissolve quando lo sciamano frusta l’aria con un rosario.

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