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Usa: lo sport si mobilita

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Negli Usa il basket si ferma per l’ennesima vittima afroamericana dei colpi sparati dalla polizia. Si chiama Jacob Blake, non muore, ma rimarrà paralizzato. Così lo sport più popolare d’America si mobilita non più con gli inchini durante l’inno, ma con uno sciopero. Per un italiano, la cosa è sorprendente. Da noi, lo sport ignora la politica. E quando i due ambiti si toccano è solo perché gli estremisti degli stadi vogliono sommare alla loro violenza quella dei fascisti e dei nazisti, con saluti romani, oltraggi ad Anna Frank , i buhhhh ai giocatori neri ed altre raffinatezze del genere.

Ci fu un momento – grazie alla reazione di alcuni giocatori di colore ai cori razzisti – in cui il mondo del calcio si pose il problema di prendere una posizione, ma prevalse il concetto che il cliente ha sempre ragione e dagli spalti gli ultrà pretesero e ottennero, senza troppe limitazioni, la libertà d’insulto. Insomma, qui da noi, per trovare una ribellione “politica” dei professionisti dello spettacolo fisico, dobbiamo risalire ai gladiatori di Spartaco. Anche questa è decadenza.

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