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“Un sindacato che difende se stesso anziché i giornalisti”. Lettera di Massimo Alberizzi

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Mi dispiace che il segretario della FNSI, Raffaele Lorusso, e il presidente, Beppe Giulietti, abbiano un’opinione così stravagante delle correnti di minoranza impegnate a correggere le storture di un sindacato che ormai, persi i contatti con la realtà del lavoro giornalistico, difende se stesso anziché i giornalisti. Secondo me solo se si difendono i giornalisti e i loro diritti, si difende il giornalismo (e quindi) la libertà di stampa.

Lo dimostrano i fatti e buttarla in politica, come fanno scompostamente i due dirigenti, ha una sola conseguenza: spuntare le armi sindacali e favorire la controparte editoriale.

Stento a credere che il segretario abbia potuto pronunciare un concetto come questo: le minoranze non sono “in grado di elaborare una linea politica e una visione della professione”. Credo che una linea politica e una visione della professione ce l’abbiano proprio le minoranze giacché la maggioranza che governa (quasi) tutto ha al suo attivo solo fallimenti: redazioni svuotate, freelance e precari abbandonati e contenuti dei mezzi di informazione spesso improponibili.

Lorusso sa, per esempio, che da anni lottiamo per inserire nello statuto della FNSI l’Organismo di Base dei Freelance e dei precari.

Si difende il giornalismo dando agli editori il permesso di pagare i liberi professionisti dell’informazione pochi centesimi ad articolo? Io credo di no, e credo che non si difenda il giornalismo autorizzando un simile sfruttamento.

Come fa un freelance e/o un precario a essere indipendente e scrivere in autonomia se è soggetto a un continuo ricatto da parte del suo datore di lavoro pronto a licenziarlo nel caso disobbedisca ai sui ordini? I fallimenti del sindacato sono sotto agli occhi di tutti: il numero di posti di lavoro fissi è paurosamente crollato, la qualità dell’informazione rovinosamente sprofondata, l’INPGI in dissesto e in caduta libera, la Casagit costretta a ridurre le prestazioni, l’Ordine anacronistico e elefantiaco difeso ad oltranza e incredibilmente devastato dalle lotte di potere all’interno della maggioranza stessa.

La FNSI ha firmato gli ultimi due contratti capestro che hanno sventrato le redazioni e penalizzato i collaboratori. La vicenda dell’equo compenso è sintomatica. Una norma ispirata da una filosofia incomprensibilmente penalizzante: più lavori e meno guadagni. Qualcuno della minoranza si è dovuto rivolgere al TAR per bloccarla.

Ora, una nuova proposta, ancora una volta oscura e imperscrutabile, prevede un numero di articoli pubblicati oltre i quali scatterebbe l’assunzione. Poniamo che il numero venga fissato a 50 pezzi, solo una mente sempliciotta e superficiale potrebbe pensare che un editore non si fermerebbe a 49.

Usare poi argomenti falsi e tendenziosi per sostenere le proprie tesi è francamente avvilente. Faccio mia questa frase del segretario e la ribalto: “È chiaro che questo schema basato sull’odio e sull’aggressione sistematica di qualsiasi diversità va contrastato. Fuori, ma anche dentro la categoria dei giornalisti. È evidente da tempo come una parte maggioritaria della categoria abbia solidi collegamenti con la centrale dell’odio e della falsità, forte anche del fatto che chi nella categoria è tenuto ad intervenire ha sempre la testa girata dall’altra parte”. Già, davanti al disastro sotto agli occhi di tutti, è proprio chi è al governo della categoria che chiude gli occhi, lascia mano libera agli editori solo per difendere vecchi privilegi, antichi favori e preistorici onori. Il sindacato non sa forse che esistono dirigenti di maggioranza che utilizzano i nostri enti per i loro personali interessi?

Certo abbiamo posizioni sindacali differenti, assai differenti. Per esempio, non abbiamo per nulla apprezzato la decisione del sindacato di non partecipare agli Stati generali dell’informazione, lanciati dall’allora sottosegretario all’editoria Vito Crimi. E’ stata persa un’occasione per discutere e proporre. Noi infatti abbiamo avanzato e presentato alcune idee corredate da proposte articolate: tra le altre uno statuto dei diritti dei lettori e uno statuto delle imprese editoriali. Il sindacato si è mai posto questi problemi?

Vorrei ricordare a Giulietti e Lorusso che abbiamo lottato a suo tempo perché la figura del co.co.co fosse esclusa dal lavoro giornalistico: i dirigenti della FNSI di allora (ma che sono ancora su piazza) sostenevano con forza che l’inserimento avrebbe fatto emergere il lavoro nero, noi che lo avrebbe legalizzato. I co.co.co sono stati inclusi e ora si vorrebbero escludere. Avevamo ragione.

E che dice la FNSI del comportamento di quel sindacalista che invece di aiutare e difendere i colleghi di Panorama, ha pensato bene di fornire il numero di telefono utile per procedere alla loro contrattazione individuale per il passaggio a Sallusti? Il collega ha cancellato con un tratto di penna uno dei ruoli fondamentali del sindacato: quello della contrattazione collettiva. E i giudici nella loro sentenza contro il sindacato hanno proprio citato questo comportamento “anomalo”.

Noi non ci sciacquiamo la bocca inneggiando all’antifascismo e poi ci trinceriamo dietro comportamenti autoritari e antidemocratici o insulti contro chi la pensa diversamente. Non ci fregiamo di medaglie al merito ma l’antifascismo lo dimostriamo sul campo. Compito primo di un sindacato dei giornalisti è difendere i colleghi e il giornalismo, non lanciare proclami e anatemi. Le azioni concrete sono purtroppo mancate.

Non voglio dire che non si deve combattere anche per i giornalisti turchi o difendere i colleghi minacciati, ma se quelle diventano le azioni primarie del sindacato siamo alla frutta.

Comunque, per concludere vi faccio una proposta: incontriamoci e discutiamo su un piano di parità e di fiducia reciproca. Siamo in emergenza come sulla tolda del Titanic. Non si può continuare a ballare in sala: l’acqua sta entrando da tutte le parti.


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