Un esempio di fototesto: ‘Un paese’ di Zavattini e Strand

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La fotografia è un mezzo che ha influenzato le diverse arti, in particolare la pittura, che dall’800 in poi ha evidenziato una sempre più forte tendenza realistica, inaugurando la corrente definita “Impressionismo”. Da quel momento, la fotografia è divenuta un mezzo artistico, che realizza ritratti in perfetta somiglianza con il soggetto. Con la fotografia nasce un’illustrazione dei soggetti realistica, il cui procedimento viene talvolta considerato eccessivamente semplicistico e automatico: ai pennelli, alle tele e agli acquerelli pittorici si contrappone il mero pulsante di una complessa macchina. Il mezzo fotografico è, quindi, considerato, non solo un semplice oggetto quotidiano, ma anche e soprattutto un’arte, al pari dell’architettura o della scultura.
Focalizziamo l’attenzione sul rapporto tra letteratura e fotografia, prendendo in esame l’analisi del fototesto realizzato a quattro mani dal fotografo americano Paul Strand e dal letterato Cesare Zavattini, Un paese (1955).
Paul Strand e Cesare Zavattini si conobbero nel settembre 1949, presso il convegno internazionale di cinematografia, dove il fotografo statunitense rivestì il ruolo di presidente della Frontier Films. La collaborazione nacque per la concomitanza di interessi e di intenti: entrambi intendevano realizzare un volume fotografico che, secondo Zavattini, doveva essere inserito all’interno di una collana, mai realizzata completamente. Tale lavoro non venne accettato da tutti allo stesso modo: Leonardo Sciascia lo concepì come <<l’esempio di un nuovo realismo d’opposizione>>, mentre per Ludovico Zorzi rappresentava <<un nuovo resoconto visivo di stampo neorealista>>.

Le innovazioni apportate dalla tecnica fotografica hanno influenzato alcuni ambiti letterari tra Ottocento e Novecento, dando il via a un processo secondo cui gli scrittori si trasformano in fotografi, e l’innovazione tecnologica turba la comunicazione letteraria. <<La fotografia – come disse il teorico Trevisani a proposito di Vittorini – era diventata veramente lessico, cioè comunicazione e linguaggio, insomma parola>>.
Il rapporto tra fotografia e letteratura ha portato alla nascita dei cosiddetti fototesti, ovvero degli ibridi tra una forma di espressione iconografica e una narrativa; essi richiedono un approccio interdisciplinare tra testo e immagine, tra l’aspetto verbale e visuale, ed occupano un posto di rilievo all’interno della letteratura canonica, contaminandola con la tecnica fotografica. Quest’ultima è stata utilizzata, tramite la sua possibilità di fissare immagini tratte dalla realtà, come strumento di illustrazione, documentazione, divenendo sempre più uno strumento di registrazione e divulgazione in diversi ambiti. Il fototesto è infatti una tipologia che sviluppa possibili relazioni tra testo e immagine, comprendendo quindi una vasta molteplicità di sguardi. I giornali e le riviste sono i mezzi letterari che più si servono delle immagini fotografiche, e che possono essere considerati come fototesti, in quanto qui il mezzo tecnologico si fa descrizione di ciò che è stato enunciato. Tuttavia, il fototesto non è riconducibile solo alla forma libro: si tratta di letteratura digitale o di collage e mostre fotografiche. In questo modo, la fotografia afferma nuovamente il suo valore di pura documentazione della realtà.

Paul Strand è un fotografo statunitense vissuto nel XX secolo, che ha contribuito a conferire alla fotografia una dignità artistica; egli nacque nel 1890 a New York da una famiglia ebrea, ed ebbe in regalo la sua prima macchina fotografica a quattordici anni; divenne ben presto uno sperimentatore capace d’interiorizzare tutto ciò che osservava, utilizzando spesso la sua arte come mezzo di denuncia.
Politicamente, Strand è stato decisamente influenzato dalla scuola di formazione e schierato con il radicalismo, impegnandosi anche nel cinema e nel teatro di sinistra, e sviluppando un messaggio sociale, in linea con il comunismo.

UN PAESE

Lo scrittore Cesare Zavattini ed il fotografo americano Paul Strand collaborano, nel 1955, alla stesura del fototesto Un paese, composto da immagini del paesaggio e ritratti degli abitanti del paese natale dello scrittore italiano, Luzzara, e da didascalie descrittive. Il testo, che narra delle vicende contemporanee raccontate dagli stessi abitanti, viene pubblicato per la prima volta dalla casa editrice Einaudi ed è costituito da ottantotto fotografie in bianco e nero; esso doveva essere contenuto nella serie dal titolo Italia mia, mai completata, che avrebbe dovuto illustrare episodi tratti dalla vita quotidiana del popolo italiano. La collana avrebbe dovuto ricalcare, inoltre, l’omonimo progetto cinematografico, dove ogni capitolo concentrava l’attenzione di un regista famoso per una particolare città: Eduardo de Filippo per Napoli, Luchino Visconti per Milano, Roberto Rossellini per Roma.
Strand e Zavattini si conoscono nel 1949 durante un convegno internazionale tenutosi a Perugia su Il cinema e l’uomo moderno, momento in cui entrambi erano già affermati nel panorama internazionale, l’uno nell’ambito fotografico, l’altro nel contesto cinematografico, all’insegna della sperimentazione e dell’impegno civile. Durante quest’occasione, il fotografo e lo sceneggiatore esprimono la volontà comune di realizzare un lavoro che celebri l’umanità e sia dedicato ad un posto specifico, e decidono di eseguirlo, dopo diverse esitazioni, a Luzzara.
Il titolo del volume racchiude in sè il significato di villaggio sia di nazione e realizza l’intenzione del fotografo americano di utilizzare gli elementi specifici di una situazione per parlare dell’universale: la comunità era, infatti, luogo dove si concentravano alcuni mali dell’età del Dopoguerra.
Sulla copertina del libro è illustrato il ritratto della famiglia Lusetti, composta da membri rappresentati, secondo le intenzioni di Paul Strand, scalzi e nelle condizioni di povertà in cui versava l’intero paese, appoggiati a un muro scrostato, collocato all’ingresso del paese. Il fotografo statunitense, insieme a sua moglie, fu guidato dal contadino Valentino Lusetti, che parlava l”inglese in quanto era stato prigioniero di guerra in Nevada. I personaggi, rappresentati nelle pagine successive, sono colti, secondo la tecnica di Strand, con lo sguardo rivolto dritto in macchina, come ad interpellare direttamente chi osserva la scena, e come per rafforzare il rapporto tra testo e lettore. Questa pratica accentua, in tal modo, il pathos desiderato dagli autori. Come a voler sottolineare questo aspetto, le figure sono raffigurate con gli abiti da lavoro, la faccia stanca e gli occhiali, e particolare attenzione è rivolta anche ai cappelli, di cui quelli di paglia erano realizzati con lo zolfo in quanto questo lascia bianco il materiale.
Particolare cura viene data anche, in queste immagini, alla bicicletta (topos caratterizzante l’immaginario neorealista), accostata spesso ai muri raffigurati, o ai tronchi d’albero; questa è intesa simbolicamente come l’oggetto rappresentante il paese; al contrario, non viene rappresentata una sola automobile, segno che il fotografo voleva rendere eterna l’idea di un borgo antico.
L’opera presenta un linguaggio semplice, descrittivo e colloquiale, proprio degli abitanti di Luzzara, ricco di detti popolari o di frasi ad effetto che rafforzano il senso di drammaticità. La parola è data, da Cesare Zavattini, ai personaggi protagonisti dell’opera in maniera diretta; questa viene affidata anche ai bambini, figli di contadini, operai o pescatori, con un linguaggio ancora più elementare.
La descrizione realizzata dallo scrittore è fotografica di per sè, per cui è sicuramente riduttivo considerare la parte testuale solo come una mera didascalia; questa non è solo un commento, ma una descrizione pittorica già prima della parte fotografica di Strand, che sceglie la tecnica del bianco e nero.
Il libro viene presentato a Roma, tramite una rassegna stampa in cui questo viene definito <<guida fotografica documentata dell’Italia minore>>.


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