Cosa vogliono quelli che attaccano il presidente della FNSI per aver difeso giornalisti che hanno avuto il coraggio di raccontare contro corrente? Se volessero solo criticare sarebbe legittimo. Ma non è questa la finalità. La finalità è isolare. Quindi c’è il rischio di un’idea tesa a delegittimare tutta l’informazione giornalistica, che si distingue dall’odio perché sa anche andare anche contro le ragioni dell’odio prevalente. Non ci può essere un discorso di parte, perché questo discorso riguarda tutti. Riguarda cioè tutti coloro che distinguono l’informazione dal preconcetto. Basta ricordarsi della famosa frase di Martin Niemöller per capire: “ «Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare».
Quelli che viviamo sono tempi difficili per l’informazione, sembra quasi che sposare una tesi estrema sia un attestato di qualità, non di partigianeria. E’ informazione dare tutte le colpe a questo o quello in modo aggressivo, veemente. Il resto è “stampa di regime”. Così chi non si adegua a un racconto ideologico fa parte del “mainstream”, è una voce della casta. E’ una realtà che dovrebbe preoccupare tutti, ma temo non sia così.
Non mi piace contribuire a dividere, preferisco contribuire a unire. Unire infatti vuol dire riscoprire ciò che unisce, non eliminare le differenze. I giornalisti devono avere le loro differenze, i loro racconti, le loro fonti. E’ questo che unisce.
Non viviamo tempi semplici, per questo ritengo che la risposta debba essere “anormale”. Non una risposta arroccata, ma una risposta corale.
Non ho mai sentito parlare di un regime che rispetti la libera stampa, non ho mai sentito parlare di un impianto dispotico che rispetti la pluralità dei punti di vista. E’ per questo che per essere liberi bisogna essere uniti contro i regimi, a qualunque tendenza appartengano. A me sembra che il senso di un sindacato unico sia soltanto questo, e su questo occorrerebbe coesione. Sulle altre questioni no: retribuzioni, pensioni e quant’altro devono restare oggetto di scontro, ma i valori della libertà soprattutto quando si sfidano le grandi ondate omologanti non possono che unirci, pur nella diversità delle opinioni. Altrimenti perché il grande Ottone fece scrivere Pasolini sul suo Corriere della Sera?
Per questo credo che la questione dell’odio vada posta in termini professionali, non di parte. Sotto l’odio cova il nemico profondo della libera stampa, e riguarda tutti. Ognuno ovviamente è più portato a vedere quello che maggiormente lo riguarda, ma oggi la questione è globale e ci riguarda tutti, perché mette in discussione le nostre diversità.
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