Referendum di settembre. Che fare?

0 0

Si è aperto un dibattito dopo mesi di disattenzione sul referendum per la riduzione dei seggi di Senato e Camera dei deputati, e questo anche se tale referendum da solo ha rilevanti riflessi  sulla difesa dei  diritti e della carta Costituzionale. Per avere argomenti su cui riflettere e poi decidere con consapevolezza bisogna fare anche un passo indietro per conoscere perché e da chi è stato proposto un referendum importante per la sua portata.

Il referendum è stato voluto da un movimento politico sull’onda di una volontà di scardinare le istituzioni, di combattere gli sprechi, di punire gli eletti di Camere e Senato colpevoli di non tutelare gli interessi  di un popolo indistinto e non dei cittadini che sono titolari di “Doveri e Diritti”.

Il referendum è stato deciso da un distratto Parlamento in cui i Partiti, quasi tutti i Partiti non per  la difesa delle idee ma della convenienza elettorale, lo hanno sostenuto (per incompetenza o distrazione ???) dando indicazioni di voto favorevole. E’ stato sottovalutato che questo referendum – se non accompagnato da una contestuale e profonda modifica dell’attuale legge elettorale – escluderebbe dal Parlamento la rappresentanza di molti cittadini, di aree geografiche, comprometterà la costituzione e il prezioso lavoro legislativo delle Commissioni parlamentari, aprirà la strada a Premier con ampi, e antidemocratici, poteri.

Prima di entrare su alcune riflessioni utili a pensare bisogna ricordare a quel movimento, che oggi è molto più simile ad un partito per quello che decide e per le sue regole interne spesso poco democratiche, che il risparmio per lo Stato con la riduzione del numero dei parlamentari sarebbe solo dello 0.007 del suo bilancio e, quindi, cade uno degli argomenti della sua propaganda. Poi prima di entrare  nel merito della riforma elettorale con un dibattito, che sembra voler difendere i diritti prima  dei partiti e poi dei cittadini, sarebbe stato utile ampliare un confronto per decidere  quale riforma fare.

Anche qui, come nelle numerose precedenti riforme varate dal Parlamento, assistiamo al non più sopportabile balletto dei nomi con cui etichettare la legge, sulla bontà del proporzionale, del maggioritario, del sistema misto. Anche qui più che alla rappresentanza simile al comune sentire dei cittadini prevale l’opportunismo, l’interesse dei partiti.

La rappresentanza Parlamentare dovrebbe invece corrispondere al  vario sentire e ai giudizi dati dai cittadini durante le loro discussioni fuori dagli organi rappresentativi.

Per capire che nel Paese prevale un gradimento di un sistema proporzionale basterebbero poche , elementari conoscenze della sociologia. Se mettiamo , infatti, intorno ad un tavolo 8 cittadini, anche 8 intellettuali a discutere su un argomento, alla fine del confronto possiamo registrare, senza esagerare, almeno 4 posizioni.

Da questa semplice considerazione discende l’indole dei cittadini che dovrebbe rispecchiarsi nelle istituzioni; col sistema elettorale proporzionale si darebbe  una risposta coerente alla rappresentatività che dovrebbe essere seguita dalla ricerca di soluzioni per la governabilità.

Uno sbarramento al 3% garantirebbe, come è giusto che sia, la rappresentanza a milioni di cittadini. Sotto quella percentuale si potrebbe dare il diritto di tribuna a chi li rappresenta.

Per la governabilità basterebbero modifiche alle regole di funzionamento delle Camere  sbarrando la strada a temerarie mozioni di sfiducia del Governo con la decisione della sfiducia costruttiva, con l’indicazione che la fiducia ai governi di coalizione si dà o si toglie sulla base di 3 o 4 fondamentali, rilevanti e primarie scelte di programma proposte ai cittadini nella campagna elettorale lasciando le restanti indicazioni e scelte al libero e aperto compito del Parlamento esaltando, così, il ruolo dei Deputati e dei  Senatori.

Basterebbero poche idee, da attuare con celerità,  per far funzionare il Parlamento scelto col voto proporzionale senza costringere i cittadini ad assistere ad una interminabile campagna elettorale.

Quando si voterà il referendum per la riduzione del numero dei Parlamentari con una nuova legge elettorale saremo liberi di votare SI o No; senza una legge elettorale coerente con la scelta referendaria l’unica scelta possibile sarà quella di votare con convinzione  “NO” , aprendo subito un confronto  per scegliere  un nuovo assetto istituzionale utile innanzitutto al Paese e ai cittadini e poi ai Partiti.

Mutuando Sciascia che divise gli umani in ommini, ominicchi e quacquaracqua – aggiungendo cazzabbubboli come quarta specie – possiamo dire che avremmo bisogno nelle istituzioni rappresentative di statisti e/o politici anziché di politicanti e, se è permesso dirlo, di  c +  – – + – i.

Purtroppo nel panorama politico dei nostri giorni abbondano gli umani della terza e quarta specie e ci sarà per molti un limite alla speranza. 


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21