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Par condicio e referendum. Nessuno mi può giudicare

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Nei <Quaderni del carcere> Antonio Gramsci scriveva che <…La crisi consiste appunto nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati…>. Si parva licet, è ciò che sta accadendo con l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni: ampiamente concluso il mandato di quella uscente (con oltre un anno di proroghe), il collegio entrante è ormai definito e tuttavia non ancora insediato. Il consiglio dei ministri ha indicato sì il futuro presidente, Giacomo Lasorella, stimato vicesegretario generale della camera dei deputati. Cui manca ancora, però, il pur prevedibile parere positivo delle commissioni parlamentari competenti. Rimandato a settembre. Per fortuna, almeno, la composizione della prossima Agcom si è impreziosita attraverso la scelta di una figura notevole. Ci voleva. Auguri di buon lavoro, sperando che inizi presto. Tuttavia, il problema sta nell’interregno. Un’Agcom già fragile nei momenti di piena vigenza, ora rischia di essere un puro fantasma, guardato con sufficienza dai numerosi discoli che si aggirano nel settore. Il discorso riguarda la prossima scadenza del 20 e 21 settembre. Si voterà, com’è noto, per diverse regioni e numerose realtà locali. E si voterà per il referendum sul taglio dei parlamentari. Oggi, peraltro, la corte costituzionale dovrebbe decidere su tre ricorsi (più uno contiguo) presentati per conflitto di attribuzione: sia per ciò che concerne l’election day sia per il merito (regione Basilicata).

Gli indizi di una impar condicio ci sono tutti. Grazie alla tabella pubblicata sul sito della stessa Agcom emerge la grave omissione nella e dell’informazione. E l’omissione equivale a legittimare il taglio del numero dei parlamentari, questa essendo l’indicazione di voto prevalente. La campagna del NO, per la sua collocazione di minoranza e ancor più in giorni di ulteriore discredito del ceto politico, avrebbe bisogno di spazio e di tempo: al fine di argomentare qualcosa che cerca di rompere l’onda d’urto prevalente.

Ecco i dati che riguardano la rappresentazione del referendum nel periodo tra il 19 luglio e il 1° agosto.

Rai. Tg1: 10 minuti e 13 secondi; Tg2: 4 minuti e 26 secondi; Tg3: zero; Rainews24 1 minuto e 37 secondi. Per un totale di 16 minuti e 16 secondi. Rai 1: 1 minuto e 21 secondi; Rai2: 47 minuti e 20 secondi; Rai3: 2 minuti e 36 secondi; Rainews24: zero. Per un totale di 51 minuti e 17 secondi.

Mediaset. Tg5: 2 minuti e 45 secondi; Studio aperto: 7 minuti e 13 secondi; Tg4: 15 minuti e 7 secondi; Tgcom24: 57 minuti e 46 secondi. Per un totale di un’ora, 22 minuti e 51 secondi. Canale5: zero; Itali 1: zero; Rete4 32 secondi. Tgcom24 zero. Per un totale di un’ora, 22 minuti e 51 secondi.

La7. Tg La7: 1 minuto e 21 secondi; La7 (rete): 5 minuti e 32 secondi.

Sky. Skytg24: 5 minuti e 9 secondi (satellite) e idem sul digitale terrestre; Cielo: zero; Tv8: zero.

Nove: zero.

Al di sotto di ogni sospetto, dunque. La tematica referendaria è ridotta a una nota a margine, fuori dai flussi importanti. L’assenza è una violazione di legge, come lo sono gli squilibri. Gli uffici dell’Agcom (in carica, ovviamente) ne terranno conto?

L’unica eccezione positiva è costituita dalle Tribune della Rai, che peraltro da tempo parlano del tema. Ora è iniziato il ciclo formale dei confronti. Con un risultato a sorpresa. La prima tribuna, andata in onda lunedì 10 agosto sulla terza rete alle 15 ha ottenuto il 4,5% di share: niente male, ma soprattutto in linea con gli ascolti del canale.

In verità, senza accedere ad inutili ottimismi, la chiave della comunicazione politica sta nel diventare vera informazione, come sembra emergere dal tono delle domande del direttore Antonio Preziosi: attualità, polemiche in corso, abolizione dei lunghi preamboli comiziali. Una rondine non fa primavera, si dice. Però, qualcosa fa.

E torna di attualità stringente il rilancio delle tribune, intese non come piccole cerimonie ingiallite, bensì primario veicolo di news dal territorio della politica. Che non è tutta sporca, brutta e cattiva.

A proposito di Agcom. La delicatezza della situazione richiederebbe una decisione precisa, attraverso una misura normativa ad hoc (un decreto?) che stabilisca meglio i poteri in questa fase di transizione.


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