«Debito buono» e «debito cattivo». Ricostruzione targata Draghi indirizzata a Giuseppe Conte e al suo piano di ripresa post Covid-19 previsto a settembre. Mario Draghi, quasi 73 anni, romano con un autocontrollo stile britannico, torna ad indicare la strada per combattere le nefaste conseguenze sociali ed economiche del Coronavirus. A marzo sollecitò i governi europei a spingere a manetta il debito pubblico per sostenere l’occupazione e il reddito delle famiglie. Invocò solidarietà. Indicò la pandemia come «una tragedia umana potenzialmente di proporzioni bibliche» perché con conseguenze tragiche simili a quelle della Seconda guerra mondiale.
governi e l’Unione europea, dopo molte incertezze, lo ascoltarono: le diverse nazioni hanno emesso una montagna di titoli del debito pubblico. Non solo: l’Europa, superati i ripetuti no dei paesi ricchi del nord, ha varato un piano di debito pubblico comune europeo in sostegno degli Stati più deboli.
Ma l’ex presidente della Banca centrale europea non è pienamente soddisfatto. Draghi ha fatto di nuovo sentire la sua voce intervenendo a metà agosto al Meeting di Rimini di Comunione e liberazione: ha invitato ad utilizzare il «debito buono» lasciando stare il «debito cattivo». Il primo strumento serve a finanziare il sistema produttivo, l’occupazione, le infrastrutture, l’istruzione, la formazione, la ricerca. Il secondo si limita a finanziare la spesa pubblica corrente: i sussidi sono necessari «a sopravvivere» ma poi finiscono e lasciano il vuoto.
Draghi stila quasi un programma di governo. Non cita Conte, che non riesce nemmeno a utilizzare i fondi per ricostruire le zone del centro Italia distrutte dal terremoto nel 2016, ma pare rivolgersi al presidente del Consiglio del governo giallo-rosso. Il messaggio è preciso: il «debito buono» è sostenibile perché crea una “crescita buona”. Etica e sistema produttivo competitivo sensibile all’ambiente sono legati: ai giovani «bisogna dare di più» con una qualificazione professionale capace di garantire libertà, autonomia, reddito. Draghi è un tecnico che guarda a sinistra: «Privare un giovane del futuro è una delle forme più gravi di diseguaglianza».
Sono indicazioni preziose per Conte. Il presidente del Consiglio ha stanziato oltre 100 miliardi di euro in deficit soprattutto in sussidi, bonus, integrazioni al reddito dei disoccupati e delle famiglie colpite dal Covid-19. Altri 200 miliardi (a fondo perduto e in prestiti a tassi molto bassi) arriveranno dalla Ue, ma ancora manca un piano per la ricostruzione dell’Italia.
La ricostruzione targata Draghi dà una risposta alle paure, alle incertezze del ceto medio tramortito dalla crisi: in questi mesi di Coronavirus è aumentata sia la disoccupazione sia il risparmio degli italiani timorosi del futuro. L’ex presidente della Bce fornisce le linee di un possibile piano di ricostruzione: il messaggio è destinato alla Ue, a Conte o anche a un altro presidente del Consiglio. Gli apprezzamenti verso l’economista che ha salvato l’euro sono ampi, vengono perfino dalle file dei cinquestelle e dei leghisti, le forze populiste che lo hanno duramente attaccato in passato. Qualcuno pensa a lui per guidare il governo, ritiene una pazzia lasciarlo a fare il pensionato. È come lasciare Ronaldo “in panchina” in una partita di calcio decisiva.