Difficile, quasi impossibile ricordare, a memoria d’uomo ( nel caso ben al di là con gli anni), una vicenda così densa di ipocrisia istituzionale e politica , così dolosamente confusa quale quella della riduzione del numero dei parlamentari italiani . E soprattutto della campagna referendaria virtualmente in atto. Una campagna che mira a chiedere agli italiani di sottoscrivere, senza un minimo corredo di informazioni, un numero casuale di parlamentari di camera e senato, senza occuparsi minimamente di quali siano le funzioni delle camere stesse , e dei deputati e dei senatori, e cosa sopravviva di esse. Senza un conato di motivazione , che non sia quella della eliminazione di una massa di fannulloni ( unico riferimento alle funzioni, che , presa in considerazione, segna la fine del parlamento) e di un risparmio offensivo per la Costituzione stessa. Di conseguenza, in primo luogo diviene astratto e pero’ conveniente agli interessati tagliatori di seggi ( per fede settaria o per convenienza di bassa politica ) non fare alcuna campagna referendaria sulla materia del contendere , intorno ad un astratto numero giusto di rappresentanti del popolo sovrano. Quale che sia: nemmeno quello attualmente, forse ancora per poco, vigente, ma ben collaudato, se non per impedire lo scempio in atto; ne’, tantomeno , un numero minore, o finanche maggiore, se non si scende sul terreno delle funzioni, delle modalità di selezione dei candidati , della relazione tra elettori ed eletti. Relazione un tempo solida, oggi recisa drasticamente da una sequela immorale di leggi elettorali per distruggete i referendum di Mario Segni ed il cosiddetto “Mattarellum”. Leggi elettorali che hanno trasformato il parlamentare in un fedelissimo del capo , in quanto tale strapagato e provo di senso dello Stato. Non fare campagna referendaria significa peraltro accettare una iniziativa che nasce da una insana concezione istituzionale (quella dei 5 stelle), che non riconosce la funzione di rappresentanza della sovranità popolare del mandato parlamentare. Una concezione, senza equivoci, estranea alla nostra costituzione. E che finisce per essere accettata o subita, per convenienza politica contingente, da chi ha le radici nella nostra costituzione parlamentare e rappresentativa: come i partiti che risalgono, in vario modo e forma ai principi della nostra carta fondamentale , in primo luogo il partito democratico.
Ma le ha tradite, quelle radici, accettando se non favorendo il trasferimento delle funzioni parlamentari, quella legislativa in particolare, ad altro organo costituzionale , il governo. Con il dettaglio che il governo e i ministri, in quanti tali, non hanno alcuna funzione rappresentativa dell’elettorato e non possono sostituire il Parlamento. L’intreccio innaturale tra 5 stelle e pd può ricordare certi apparentamenti di convenienza tra atei e credenti non praticanti, se si accetta questo delicato accostamento . Alla miscela oggi di governo si aggiungono una forza del tutto indifferente, almeno nella sua attuale direzione, a tematiche di cultura istituzionale e costituzionale , quale la lega nazionale di Salvini; e altre forze di destra con la lega alleate. Uno schieramento schiacciante, dal quale si escludono partiti piccoli e movimenti nei fatti e nella pratica costituzionali, affannosamente in lotta contro questa modifica che e’ malafede definire riforma. La legge che riduce drasticamente il numero dei parlamentari interpreta correttamente la negazione da parte dei 5 stelle della funzione di rappresentanza del popolo sovrano attraverso i deputati ed i senatori del popolo sovrano; ed e’ stata ritenuta compatibile dalla spregiudicata convenienza politica di forze dai nobili trascorsi di aderenza costituzionale. In sostanza, il ricatto di questa operazione della politica e’ quello di partire da posizioni teoricamente inconciliabile per convergere su interessi politici identici o almeno compatibili. La ragione politica schiaccia la ragione costituzionale.
Quel che ne discende, ed a cui stiamo assistendo con incredulità via via sfumata , e’ una inedita fuga delle responsabilità primarie che tutti i partiti hanno verso gli elettori. Di lealtà in primo luogo . Sarà difficile, per chi crede nella funzione magistrale della politica, accostare il proprio consenso a partiti che abbiano compiuto lo sfregio di disertare gli appuntamenti televisivi con gli elettori, per nascondere, assieme ai propri imbarazzi , la verità dei fatti di una vicenda non edificante. Quel che non sarà un numero maggiore o minore a fare -distruggere l’idea di parlamento del nostro sistema -, lo farà il cinismo assoluto dei nostri partiti . Con particolare riguardo quelli che non hanno l’alibi di un analfabetismo istituzionale che rasenta l’incapacità di intendere e di volere, e che difendono l’annullamento della sovranità popolare ( senza la quale non esiste la nostra Costituzione) attraverso la perdurante nomina diretta o quasi di deputati e senatori, il disgustoso svuotamento delle funzione delle due camere. Una modifica costituzionale e’ comunque una occasione solenne per confermare la propria fedeltà costituzionale. Non un pasticcio dietro il quale nascondere vili interessi di fazione e di potere .