Gianrico Tedeschi. Un birichino di 100 anni

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L’immagine del suo volto familiare dall’espressione bonaria condita da una strizzatina d’occhio affiora immantinente alla notizia del suo commiato alla vita sulle rive del lago d’Orta: “Mi sono trasformato. Ciao amici, ci rivedremo”.

Ci ha regalato per più di mezzo secolo sorrisetti e ammiccamenti sul filo di un’eleganza sorniona scevra da false retoriche, attraversando la scena con garbo e leggerezza. Una maschera della Commedia dell’Arte, un Arlecchino senza padroni. La sua bonarietà travestita da arguzie inedite ci ha trasportato nel suo mondo rarefatto, apparentemente semplice, dove la profondità del senso si coglie come il polline nel calice di un fiore.

Milanese, classe 1920, formatosi all’Accademia Silvio D’Amico di Roma, durante la guerra esordisce nel ’43 in un campo di concentramento, considerato dall’attore un’esperienza determinante. Gianrico infatti capisce con chiarezza che la sua strada è il teatro. Il suo debutto ufficiale risale al 1947. Versatile e dinamico è stato diretto da grandi registi, da Strehler a Ronconi a Branciaroli in teatro, spaziando nel cinema da Visconti a Rossellini a Monicelli, e in televisione con famosi sceneggiati, popolari caroselli, persino varietà e commedie musicali, da Garinei e Giovannini ad Antonello Falqui. Ha calcato la scena fino alla fine, con “Le ultime lune” di Bordon, “La compagnia degli uomini buoni” di Bond che gli valse il premio come miglior attore dell’anno nel 2011, per finire con “Dipartita finale” nel 2016. Infaticabile funambolo senza corda, ha dato prova della sua passione assoluta e disordinata traslando agevolmente dal dramma alla comicità, fitta di personaggi al limite del reale, ma assolutamente autentici, dal tono scanzonato e dalla eccentricità sprovincializzante. Estroso, fertile di variegate sfaccettature, ma sempre inconfondibile nel suo stile frizzante e beffardo Gianrico Tedeschi è uno degli attori della vecchia guardia dove la freschezza e il sense of humour hanno portato un’impronta nuova e per certi aspetti unica al teatro di parola. Con raffinatezza e originalità interpretativa l’attore spiazzava e disorientava, senza perdere in simpatia. Appariva così, un eterno ragazzo dal sorriso accattivante, dall’ironia graffiante, dal timbro vagamente nasale inconfondibile, ma dietro la maschera e lo sberleffo si celava un uomo esigente, colto, appassionato, dallo sguardo ampio e dalla forte personalità. Nel ricordo della figlia Enrica, testimone della vita del padre con il libro “Semplice, buttato via, moderno” Gianrico staccatosi dal palco, a cui aveva dato tutto e da cui attingeva grande energia, si è lentamente staccato dalla vita. La sua dinamica presenza è incisa nella memoria del mondo dello spettacolo dall’incedere del suo passo arioso e fluttuante, fuori dai soliti schemi, da vero artista in itinere.

Ciao Gianrico, ci rivedremo.


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