Quando Gaston Gallimard – l’editore che nel 1939 pubblicò “Il borgomastro di Furnes”, romanzo che George Simenon affermava di aver scritto “in un vero e proprio stato di allucinazione” – lesse il mirabile ritratto di Joris Terlinck, potente borgomastro del comune di Furnes e imprenditore self-made man, da tutti chiamato “Baas” ovvero padrone, lui pur mai indulgente con gli autori, a Simenon indirizzò queste parole: «È un libro notevolissimo. Uno dei suoi romanzi migliori. Glielo dico con entusiasmo, non solo per amicizia, da vero lettore disinteressato».
Aprendo la narrazione George Simenon tiene a precisare. “Non conosco Furnes. Non né conosco il borgomastro, né gli abitanti. Per me Furnes non è altro che una sorta di motivo musicale. Spero perciò che nessuno vorrà malgrado tutto riconoscersi in questo o quel personaggio della mia storia”. Eppure sorprendentemente Furnes, borgo fiammingo tuttora esistente, dove dimore nobiliari si mescolavano a chiari segni di modernizzazione, al lettore appare autentico, vivo e ancor più vera la figura del suo borgomastro, autorità temuta e inflessibile.
Un suicidio che l’autorevole boss, il cosiddetto “Baas”, non ha saputo sventare, le cui conseguenze colpiscono la figlia dell’ unico avversario politico rimastogli, nella disgrazia accresce il suo potere, svela la sua mancanza di scrupoli come quella dell’intero microcosmo. Il borgomastro tira avanti, senza mutare abitudini con la moglie e nonostante lo scandalo di una giovane nascosta in casa sua in condizioni abiette. Ma un giorno qualcosa accade anche nella sua imperturbabile struttura psicologica, si apre una falla nella sua vita programmata, nel suo ordine apparente. Così Simenon ci mostra, in modo magistrale, con un ritmo narrativo incalzante, cosa può passare per la mente di un uomo che d’un tratto si trova davanti il conto e il senso della propria esistenza.
George Simenon
Il borgomastro di Furnes
Adelphi editore
Pag. 227 euro 10
Ebook euro 4,99