Dieci anni fa se ne andava, all’età di ottantadue anni, Francesco Cossiga, uno dei personaggi più importanti nella storia politica italiana e anche uno dei piu controversi.
Non sappiamo quali e quante responsabilità abbia avuto nelle vicende più oscure che hanno caratterizzato il nostro Paese; fatto sta che è stato uno dei personaggi più discutibili della DC, pur nascendo dalla sinistra democristiana e pur essendo indubbiamente un uomo lungimirante.
Profondo conoscitore del potere e delle sue dinamiche, punto di riferimento per l’America, assai più di quanto non lo sia stato Andreotti, fu ministro degli Interni negli anni barbari del terrorismo e della violenza rossa e nera, gestendo come peggio non si sarebbe potuto il movimento del ’77 e i suoi palesi eccessi e venendo travolto, l’anno successivo, dal rapimento e dall’assassinio di Aldo Moro. Diciamo, senza voler mettere minimamente in discussione l’intelligenza e le qualità della persona, che non essersi reso conto della presenza di ben undici piduisti su dodici nel comitato di crisi che aveva riunito permanentemente al Viminale nei giorni del sequestro Moro abbia costituito una leggerezza imperdonabile per una figura di cui è sempre stata messa in risalto la scaltrezza e la capacità di comprendere la fase storica.
Aggiungiamo, senza alcuna malizia, che negli anni successivi la sua carriera politica non ha avuto rallentamenti, anzi: presidente del Consiglio, presidente del Senato e infine Capo dello Stato. E da Presidente della Repubblica è stato l’uomo delle picconate, colui su cui si è abbattuto un altro cambiamento di proporzioni mondiali come la caduta del Muro di Berlino e la fine di un’epoca, e Cossiga il picconatore è finito sotto le macerie non meno di Occhetto e del PCI, essendo il garante di altri equilibri, il testimone di un altro tempo, il simbolo di una stagione ormai finita.
In conclusione, Cossiga è stato un uomo dalle spalle forse meno larghe di quanto non si pensi, abile nell’intuire il corso degli eventi ma non altrettanto nel guidarli, fondamentalmente sconfitto, sempre un passo indietro, più un garante che un leader, il che ha costituito in parte la sua forza e in parte la sua dannazione.
Dieci anni dopo del mondo in cui Cossiga è vissuto e ha operato è rimasto poco o nulla, se non la sensazione, amara per una personalità del suo calibro, che ben pochi lo rimpiangano.
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