Sistemare un giornalista. Ucciderlo. Ci risiamo con lo schema della criminalità organizzata che vuole liberarsi delle voci scomode, dei giornalisti. Per il caso di Donato Ungaro è, purtroppo, solo una conferma che arriva dalle parole del collaborante di giustizia Vincenzo Marino che nel processo Aemilia aveva testimoniato contro la cosca Grande Aracri. E’ una storiaccia, ma assai simile a molte altre che si registrano in giro per l’Italia e che questa volta pone l’accento anche su un’altra questione specifica, ossia la situazione dei collaboratori di Giustizia, che molto spesso non vengono trattati adeguatamente al contributo che forniscono al lavoro degli investigatori. “Se non c’era il collaboratore Vincenzo Marino, a dire una cosa del genere, – sottolinea oggi Donato Ungaro – nessuno avrebbe mai saputo niente del progetto di uccidermi. Ma sono “quelle tre domande” che io pongo da due anni che mi disturbano; perché nessuno ha voluto approfondire questa vicenda?”. Già perché? Donato Ungaro è uno dei rappresentanti di spicco di Articolo 21 in Emilia Romagna e per questo l’associazione continuerà a seguire da vicino cosa accade in una terra fino a qualche tempo fa “insospettabile” quanto a presenza della criminalità organizzata e in specie della ndrangheta. Dopo le ulteriori novità processuali, di cui purtroppo c’era già contezza, la Federazione Nazionale della Stampa Italiana continuerà a stare accanto a Donato Ungaro e a chiedere verità e risarcimento morale e materiale per queste vili minacce. – hanno detto in una nota il Presidente e il segretario della Fnsi, Giuseppe Giulietti e Raffaele Lorusso – Anche questa vicenda, come le altre, verrà portata all’attenzione del comitato per i cronisti minacciati perché, come ribadiamo ormai troppo di frequente, è in gioco la democrazia di questo Paese insieme all’incolumità di chi racconta scomode verità”.
(nella foto Donato Ungaro)