Ha la febbre a 39, i muscoli a pezzi, i lividi sulle gambe e parla con difficoltá Claudio Locatelli, il freelance italiano arrestato e rilasciato da pochi giorni a Minsk in Bielorussia. Lo abbiamo contattato per Articolo21 e ci ha raccontato di aver avuto un collasso fisico proprio ieri sera, il giorno di Ferragosto.
Claudio si trovava a Minsk per una gara sportiva insieme ad alcuni suoi amici proprio qualche giorno prima delle elezioni in Bielorussia, vinte anche questa volta da Aleksandr Lukashenko che dal 1994 governa il paese.
Durante il periodo pre-elettorale il freelance é stato testimone di come la polizia bielorussa stia rastrellando il paese con arresti arbitrari e violazioni delle libertá individuali.
Nella notte tra il 9 e 10 Agosto Claudio, é stato arrestato mentre stava documentando da giornalista freelance con il suo telefonino le immagini dei numerosi poliziotti sulla strada principale della cittá e lo schieramento dei mezzi militari mentre si sentiva l’avvicinarsi di un corteo. Quando la polizia si é avvicinata a lui, piú volte ha dichiarato di essere un giornalista; in un primo momento l’hanno lasciato andare, ma successivamente lo hanno nuovamente avvicinato, gli hanno preso e distrutto il cellular e lo hanno picchiato in ben 15 persone. Gli hanno spruzzato uno spray al peperoncino, con il manganello lo hanno colpito piú volte sulle gambe costringendolo a mettersi in ginocchio per poi legargli i polsi con delle fascette. Lo hanno caricato su un minivan e portato in una stazione di polizia dove all’interno si trova una cella per i detenuti. Claudio ci racconta questa scena raccapricciante. La testa verso il muro, le mani legate dietro. Lo hanno trascinato a terra con la testa bassa, e sul pavimento ha visto numerose macchie di sangue.
“Mentre mi stanno portando nella cella – racconta – ho visto altri minivan arrivare con tanta gente dentro. Erano gli altri arrestati durante le proteste. Sono stato portato prima in una gabbia poi in una cella di pochi metri forse 4×4, insieme ad altre 18 persone. Siamo stati senza cibo e senza acqua, per circa 60 ore, l’unica acqua a nostra disposizione era quella che usciva da uno strofinaccio pieno di sangue e pipí. La prima era una gabbia con i muri di cemento e una rete metallica. C’era un buco a terra serviva per fare i bisogni. L’odore era fetiscente. Insieme a me c’erano altri giornalisti, all’inizio con me due russi. Poi si sono aggiunti altri. Per assurditá si é unito in seguito anche un moldavo, che solo dopo si scoprirá essere un osservatore internazionale della presidenza moldava invitato dallo stesso Lukashenko. Questo dimostra che la polizia arrestava chiunque fosse sulla strada, anche gli stessi sostenitori del rieletto presidente. Durante la notte ho approfittato per utilizzare l’altro telefono che mi era rimasto e ho cercato di contattare l’Ambasciata Italiana a Minsk. Avevo giá avvertito i miei amici, che qualora non fossi tornato avrebbero dovuto loro stessi contattare l’Ambasciata, perché temevo che la situazione nelle strade sarebbe potuta evolversi in maniera negativa. Mentre cercavo di dare il numero del mio passaporto all’Ambasciata, la polizia mi ha preso il telefono e privato del mio passaporto. Sono stato in prigione per tre notti e per tre giorni. C’era sangue ovunque. Sentivo le urla, il suono del metallo. Il giorno dopo l’arresto sono stato malissimo, ho vomitato del liquido giallo, quando l’ho fatto presente mi hanno detto invece che stavo bene. Sono sicuro fosse l’acido dello stomaco dovuto allo spray al peperoncino. Non aveva colpito solo gli occhi, ma lo avevo anche respirato e mi era entrato in bocca. Non era la prima volta che mi trovavo in situazioni di rischio e in quel momento la mia preoccupazione era quella di mantenere un equilibrio e di dare serenitá anche agli altri detenuti. In quelle condizioni igieniche specialmente, era difficile mantenere la calma e farsi prendere dall’isterismo che avrebbe causato problemi a tutti coloro erano nella cella.”
Abbiamo posto a Claudio Locatelli qualche domanda malgrado il suo crollo fisico di queste ore, che ci assicura essere solo temporaneo;
Cosa pensa sia accaduto in Bielorussia e come mai vi sia stata una reazione cosí violenta da parte della polizia?
“In Bielorussia si sta vivendo uno ‘stato di agitazione’ dato dal dissenso dovuto alle recenti elezioni che alcuni accusano di brogli. La popolazione semplicemente sta manifestando il proprio disaccordo con il Governo e le autoritá stanno reagendo in modo violento alle proteste. Questi arresti – ci dice – sono illegali anche se si tratta di ‘arresti amministrativi’che secondo il codice amministrativo bielorusso prevedono fino a 15 giorni di detenzione per qualunque partecipazione a manifestazione non autorizzata. Ma, non erano manifestazioni e abbiamo visto arrestare anche normali persone che passeggiavano con le famiglie. Il loro metodo é quello di imporre il terrore e la violenza anche su semplici cittadini per invitarli a non uscire e non prendere parte alle proteste.”
Cosa pensi che accadrá nelle prossime settimane?
Difficile pensare a una normalizzazione della situazione, perché non sappiamo ancora quanto la popolazione sia disposta a continuare in queste proteste. Nessuno avrebbe mai pensato, almeno qualche settimana fa che le elezioni avrebbero portato a quello che sta vivendo oggi la Bielorussia. Dobbiamo vedere non solo quello che accadrá a livello interno al paese, ma anche come gli altri stati vorranno e se potranno intervenire. La Russia ad esempio ne trarrebbe vantaggio. Putin potrebbe utilizzare il dissenso per aumentare la sua influenza e forza in Russia. Prima o poi Lukashenko chiederá aiuto proprio alla Russia. Mi auguro peró si possa comunque arrivare a una mediazione per porre termine anche a quello che sta vivendo l’intera popolazione.
Cosa ti porterai di questa esperienza? Pensi di tornare?
Ho il ricordo di una giovane ragazza alla quale era stata sfondata la mascella, praticamente sanguinava in continuazione, neanche piangeva dal dolore era solo stordita, immobile. Era bionda forse bielorussa ed é un immagine che mi ha colpito moltissimo. Chissá se l’hanno rilasciata spero quantomeno l’abbiano curata perché ho visto che ha perso molto molto sangue.
Appena subito dopo la mia liberazione ho fatto un video dall’interno dell’Ambasciata a Minsk che ringrazio ancora oggi, per come hanno saputo egregiamente gestire la situazione. Ho ricevuto moltissimi commenti di apprezzamento, soprattutto da giovani che mi hanno ringraziato per aver dato voce alle loro proteste e per aver fatto conoscere un paese del quale si parla troppo poco. Se il mio stare male é servito in qualche modo a far conoscere meglio la situazione in Bielorussia, anche se a mie spese, ne sono davvero felice.
Spero di poter tornare quanto prima augurandomi di non essere stato inserito in alcuna black list. Continueró comunque sempre a seguire le vicende della Bielorussia e delle dinamiche politiche interne.
Noi come e cosa possiamo fare per aiutare in questo momento?
Ci sono ancora circa cento giornalisti detenuti all’interno delle carceri bielorusse. Noi dobbiamo rimanere in contatto non solo con i giornalisti che operano in loco, ma anche con i blogger; dobbiamo monitorare tutti i loro spostamenti in tal modo da poter intervenire il prima possibile qualora vengano arrestati.
L’ultima domanda, é forse una delle piú banali che si possa fare a chi ha vissuto un’esperienza traumatica come questa, ma vale la pena sentirne la risposta.
Hai avuto mai paura di non uscire da quella prigione?
Paura no. Quando sei in questi contesti non pensi alla paura ma cerchi di focalizzarti a come reagire in quella determinata situazione non sapendo nemmeno quanto sarebbe durata la detenzione. Ho avuto dall’inizio piena fiducia nelle nostre istituzioni italiane perché sappiamo che la nostra rete diplomatica é famosa in tutto il mondo per essere molto capace. É stato importante essere in Bielorussia, e l’arresto di un giornalista italiano é l’esempio emblematico di quello che sta avvenendo in quel paese.